Il settimo giorno a Venezia nel segno della diversità: artistica, di stili, di obiettivi e d’età

di Dario Furlani, inviato del Corriere dell’Italianità all’80ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica

Foto: photocall del film Enea di Pietro Castellitto; Credits Giorgio Zucchiatti

Alla settima giornata della Mostra la tripletta di film che occuperà il tappeto rosso è particolarmente speciale. Non solo per la loro diversità di stili e obiettivi (denunciare, dissacrare e intrattenere), ma anche per la diversità demografica e artistica dei loro registi.

Il giovane Pietro Castellitto (31 anni) presenta il suo secondo film, notoriamente il più stressante, in quanto bisogna cercare di confermare le impressioni positive e ribaltare quelle negative che si ha ricevuto con l’opera prima.

Con il regista stesso a coprire il ruolo principale, Enea arriva a tre anni di distanza dall’esordio (sempre presentato a Venezia) de I predatori, ed è stato definito dal proprio autore come un ‘gangster movie senza la parte gangster. Una storia di genere senza il genere. La componente criminale del film viaggia silenziosa su un binario nascosto e sopraggiunge improvvisa nelle fessure dei rapporti quotidiani’.

La settantaquattrenne regista polacca Agnieszka Holland è conosciuta per i suoi film profondamente drammatici che vanno a scavare nelle pagine più torbide e strazianti della storia europea. Dopo aver toccato temi come la Shoah e la Germania nazista in Europa Europa e In Darkness, Holland con Green Border si rivolge a un problema talmente attuale che sembra uscito direttamente dalle pagine di un quotidiano: le tratte migratorie tra Polonia e Bielorussia.

La frontiera verde del titolo fa infatti riferimento al confine tra le due nazioni europee, nei cui boschi si consumano da anni indicibili drammi umani. L’autrice sceglie un film di finzione per raccontare storie reali che altrimenti sarebbe difficilissimo portare sul grande schermo, soprattutto a causa della brutalità della polizia di frontiera che cerca di evitare a ogni costo attenzioni mediatiche.
Il bianco e nero del film è di una bellezza quasi violenta e le storie che racconta (tratte da testimonianze dirette) potrebbero valergli il Leone d’Oro.

Una scena di Green Border (Zielona Granica)

Con il terzo film i toni si rilassano molto: l’eclettico Richard Linklater si ripresenta con un’articolata commedia noir. Il regista texano autore dell’amatissima trilogia romantica Before e dello stupendo Boyhood (girato nell’arco di 13 anni seguendo la crescita del ragazzino protagonista), ha ripetutamente dimostrato di saper gestire qualunque genere e portando comunque a casa ottimi risultati. Con Hit Man racconta la delirante storia di un infiltrato della polizia di New Orleans che si finge un sicario in modo da farsi assoldare e poi arrestare i mandanti. Il lavoro va a gonfie vele fin quando convince una committente a rinunciare all’omicidio e inizia una relazione con lei. Il problema? Continua a fingersi un killer a pagamento.

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