Il suono come respiro

Senza doverci pensare, respiriamo. Ciascuno di noi lo fa seguendo un proprio ritmo naturale, che varia a seconda di quello che ci accade, sia fisicamente sia emotivamente. Il respiro è vitale, il respiro è scambio, il respiro permette di portare al nostro interno il mondo e allo stesso tempo di viverlo.

Nel nuovo lavoro della cantautrice, violoncellista e pianista Eleuteria Arena, In My Chest, il respiro ha un ruolo centrale.

Non è solo veicolo dell’espressività ma è lo strumento che – ancor più del violoncello e della voce – l’artista ha scelto per reinterpretare il suo rapporto con la musica e per scriverne di propria.

 

L’EP racchiude quattro tracce: tre sono rielaborazioni di brani classici di Beethoven (tema dall’Allegretto della Sinfonia n. 7), Vivaldi (Sonata per violoncello in Mi minore) e Satie (Gnossienne n. 1); una, In My Chest, è un brano originale. Eleuteria tratta il materiale classico in maniera unica ed emozionante; per quanto si tratti di brani conosciuti, amati, studiati la sua rilettura porta a farne un’esperienza totalmente nuova. La voce è strumento, il violoncello traccia il sentiero, il respiro esplora le possibilità, gli incontri, le visioni. In questi 15 minuti circa di musica si attraversano diversi mondi, alcuni poeticamente inquietanti, altri luminosi e confortevoli, altri ancora timidi e sussurrati. La sensazione è che stanze rimaste sigillate da tempo siano state finalmente riaperte e che l’aria nuova lasciata filtrare abbia mosso ricordi, immagini e pensieri in esse dimenticati. Melodie astratte si fanno esperienza fisica, il peso del corpo si dissolve in un soffio. E la gabbia si schiude.

In questo tuo nuovo lavoro il respiro ha un ruolo fondamentale. Come hai costruito l’equilibrio e l’interazione tra suono del violoncello, canto e – appunto – respiro?

Il respiro è il nostro primo bisogno, ciò che ci nutre e ciò che restituiamo, è il nostro primo contatto col mondo, il primo scambio e trasformazione.

Volevo che la mia voce e il mio violoncello seguissero questo flusso nella composizione: inspiro – trattengo – espiro…

Spesso i brani contengono degli elementi iniziali che vengono ‘inspirati’, come per riportare alla memoria il pezzo originale, sussurrando melodie tra me e me. La voce è delicata, si sente il suono dell’aria che avvolge le note e che dà ritmo… il violoncello è pizzicato o fisso su una nota.
Poi il tema principale si dispiega e si fa più chiaro prima di liberarsi definitivamente nel mio ‘espiro’, ormai trasformato, saturo come il suono quasi distorto delle urla centrali nel brano ‘Theme from Symphony No. 7’ e il violoncello carico nelle terzine.
Alcuni finali riprendono a inspirare sottili… lasciando all’ascoltatore il sollievo dell’espiro.

Vivaldi, Beethoven, Satie: tre compositori immensi con tre brani immensi. Li hai scelti in virtù di un tuo legame particolare con loro o per aspetti tecnici, funzionali al tuo progetto?

Va detto che ho iniziato a sperimentare sulla musica classica in seguito alla richiesta della direzione del Festival della Bellezza, al Teatro Romano di Verona, di eseguire da sola dei brani di Vivaldi, in occasione di una conferenza di Philippe Daverio. Non avendo Vivaldi scritto nulla per violoncello solo, ho pensato di eseguire una sonata per violoncello e basso continuo (pratica di accompagnamento barocco) svolgendolo con la mia voce, utilizzandola per la prima volta come strumento vero e proprio. Beethoven invece l’ho scelto fermamente. Da quando sono bambina ho un legame affettivo forte con la sua figura, e la sua musica ovviamente. Il bellissimo tema che ho utilizzato è preso dall’Allegretto della sua Sinfonia n.7, un pezzo orchestrale dunque. Mi piace soprattutto come gioca a creare e contrapporre accordi maggiori e minori, è un tema drammatico e fiero allo stesso tempo. Satie invece l’ho scelto perché volevo provare a lavorare su qualcosa di molto diverso: un brano scritto per pianoforte solo, minimale, in cui potevo aggiungere sfumature armoniche e creare nuove atmosfere. Ha stupito anche me come si è trasformato, pur mantenendo intatti gli elementi musicali principali. Ha cambiato clima… da quello parigino a quello di un mediterraneo quasi arabeggiante.

La musica classica sembra oggi destinata a non avere più ascolto: tu non solo l’hai scelta, ma hai scelto di cantare il tuo rapporto con lei. Cosa rappresenta per te?

Devo tantissimo alla musica classica! Credo mi abbia insegnato cose indispensabili a partire da un senso di bellezza che non dev’essere per forza mostrata, ostentata, ammiccante, ma che a volte si nasconde un po’, come i temi più commoventi che si schiudono improvvisamente tra migliaia di note. Coniuga perfettamente il trasporto emotivo e la tecnica… e la tecnica richiede disciplina, studio e alla base forte motivazione e determinazione. Mi ha insegnato a rinunciare al mio primo istinto musicale, o quello che ritenevo tale, in virtù di una musicalità più raffinata, più profonda… che prima di comprenderla ho vissuto come innaturale e imposta per poi rendermi conto di quanto mi aveva arricchito e donato gli strumenti per godermi la libertà di questo nuovo lavoro.

In my chest: gabbia toracica che protegge e contiene. Cosa vorresti liberare e cosa tenere al sicuro nella tua “gabbia?” 

Vorrei tenere al sicuro proprio quegli strumenti conquistati nel mio percorso di musicista, continuando a studiare e perfezionarmi. Nel mio petto voglio tenere la passione e il forte potere che la musica ha su di me, l’emozione che muove la mia ispirazione. Vorrei però far volare finalmente la mia forma di espressione, la mia personale voce, libera da qualsiasi costrizione di genere, libera da logiche di mercato… semplicemente sincera con me stessa e l’ascoltatore, per costruire legami sottili, ma forti.

 

Per ascoltare Eleuteria Arena https://eleuteria.bandcamp.com/album/in-my-chest

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