Italiani nel mondo, Delfina Licata ci spiega: “Si parte e si ritorna. Le radici si allungano, non si spezzano mai”

Delfina Licata

La sociologa delle migrazioni ha commentato il Rapporto Migrantes 2023 nel primo Meeting Internazionale sul “Turismo delle Radici Italiane nel Mondo” a Taranto

Mai totalmente assenti, ma “diversamente presenti” quando si parte. E “ri-presenti”, con un bagaglio culturale arricchito, quando si torna. È così che appaiono molti connazionali tricolori che hanno lasciato lo Stivale, come emerge dal ‘Rapporto Italiani nel Mondo 2023’ curato dalla sociologa delle migrazioni Delfina Licata della Fondazione Migrantes.

L’esperta ha illustrato il quadro complessivo che emerge dall’ultima edizione dello studio – cominciato nel 2006 – durante il primo Meeting Internazionale dedicato al ‘Turismo delle Radici Italiane nel mondo’ che si è svolto il 17 aprile a Taranto, ideato e coordinato dalla giornalista Tiziana Grassi

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Al 1° gennaio 2023 i connazionali iscritti all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) risultano quasi 6 milioni (5.933.418, il 10,1% dei 58,8 milioni di italiani residenti in Italia). Mentre la Penisola continua inesorabilmente a perdere residenti (in un anno -132.405 persone, lo -0,2%), “l’Italia fuori dell’Italia” continua a crescere anche se in maniera meno sostenuta rispetto agli anni precedenti.

“C’è questa falsa idea per cui da paese di emigrazione, saremmo diventati un paese di immigrazione, cosa che non è accaduta”, ha spiegato Licata. “Siamo, invece, un paese delle mobilità, fatte di partenze e di ritorni”.

“Il Rapporto ‘Italiani nel mondo’ è un progetto che racconta la nostra storia”, ha sottolineato la sociologa. Una storia calata lontano nel tempo, ma composta da più tessere contemporanee, non solo dalle fotografie in bianco e nero dei nostri avi.

Ha infatti osservato l’autrice di riferimento della ricerca: “In diciotto anni abbiamo assistito a una crescita inaspettata. Nel 2006 pensavamo a un fenomeno che avesse a che fare col passato, con le fotografie in bianco e nero delle nostre famiglie. Invece si trattava e si tratta di un fenomeno mai finito e in continua evoluzione nel tempo e nello spazio”.

In tempi recenti, il Covid ha segnato uno spartiacque e ha rimescolato le carte, rendendo necessario un monitoraggio costante della diaspora dei connazionali. “Prima dell’emergenza sanitaria dall’Italia partivano tutti: giovani, giovani adulti, anziani (mobilità previdenziale), i minori, che in questi 18 anni sono cresciuti del 79%. Con l’arrivo della pandemia, gli anziani hanno bloccato le partenze. Minori e famiglie si sono fermati. Ora fanno le valigie soprattutto i giovani e i giovani adulti. I soggetti tra i 18 e 34 anni costituiscono il 45% delle presenze delle partenze nell’anno e un altro 25% è costituito dagli individui tra i 36 e i 49 anni”.

Non si parte mai per sempre, ma, arrivati all’estero, si è “diversamente presenti”: nell’era delle connessioni plurime, si resta legati e collegati ai territori d’origine. “Si creano legami e a volte dipendenze al punto tale che non escono più dal proprio vissuto, ma si continuano a coltivare e a frequentare nonostante la vita stessa porti in posti diversi, più o meno lontani, più o meno simili”, si rimarca nel ‘Rapporto 2023’.

Oltre ai dati numerici, le ricerche qualitative permettono di interpretare anche bisogni e necessità. Ha proseguito Licata, nel Meeting di Taranto: “I giovani e i giovani adulti ci sorprendono. Prima della pandemia, ci dicevano che partivano per realizzare sé stessi, alla ricerca di un miglioramento negli studi, nel lavoro e nella retribuzione. La parola magica era meritocrazia”.

“Oggi, invece, ci parlano in particolare di desiderio di genitorialità. Effettivamente, al terzo-quinto anno di permanenza all’estero, avendo ottenuto una professione e una retribuzione sicuri, riescono a diventare madri e padri. Poi, una volta che i loro figli crescono e arrivano all’età scolare, questi bambini diventano motivo e desiderio di ritorno”. Un sogno che hanno nel cassetto e coltivano anche tanti altri italiani fuori dall’Italia, nell’attesa di realizzarlo.

Ha concluso Licata: “È importante capire che coloro che prima sono partiti e poi hanno fatto rientro in Italia non sono più gli stessi di prima. Sono persone che hanno avuto esperienza del progetto migratorio, spesso sanno parlare più lingue, hanno maturato più competenze. Hanno voglia di dare un contributo concreto ai loro territori d’origine. Vanno valorizzate. Ci vuole un salto culturale. Le radici non si spezzano, ma si allungano, e si arricchiscono di tutto quello che incontrano”.

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