La corda potrebbe spezzarsi

La scorsa settimana si sono rincorse a tamburo battente le dichiarazioni del leader di IV, Matteo Renzi, e del capo del governo, Giuseppe Conte. «Vedrò Conte per metter fine al teatrino» ha affermato Renzi. «Porte aperte ma no nuove maggioranze» ha rilanciato il primo ministro. Il guazzabuglio della politica italiana può sorprendere – nemmeno tanto – la stampa internazionale e gli italiani all’estero, molto meno gli italiani residenti in patria, assuefatti alle giravolte della politica, ai cambi di casacca, ai repentini cambiamenti di posizione, alle dichiarazioni sul nulla che, in virtù della par condicio televisiva, nuovi e vecchi protagonisti diffondono dai TG serali.

Sulle ceneri della clamorosa crisi del governo Lega e 5 Stelle, fatta esplodere da Salvini nel mese di agosto dalle sponde del Papeete Beach di Milano Marittima, è nato l’attuale governo giallorosso. Matteo Renzi fu il primo a creare le premesse per un accordo di governo PD-5 Stelle, per sventare il rischio di elezioni anticipate, congelare il paventato aumento dell’IVA, che avrebbe inguaiato ancor più i disastrati conti pubblici italiani e dirimere le titubanze del PD e del suo segretario Nicola Zingaretti a dare vita al governo Conte 2.

Manco il tempo di rifiatare e di riprendersi dalla calura agostana che tanto male aveva fatto all’altro Matteo, Salvini, ed ecco un nuovo colpo di scena: il 19 settembre 2019 segna l’uscita dal PD di Renzi e dei suoi fedeli parlamentari confluiti nel nuovo partito, Italia Viva. Una scissione che era nell’aria – fu il responso dei principali commentatori. In effetti, le scorie della frattura apertasi nel 2016 sul referendum in materia di riforme costituzionali non sono mai state smaltite e, alla luce dei fatti, non erano smaltibili: profonda era la ferita e ampie le conseguenze per un leader come Renzi, che ha avuto in mano il destino dell’Italia, naufragando però su alcune valutazioni errate e sulla fiducia in un calcolo politico che non si è avverato. Tra l’altro, a meno di una inversione non ipotizzabile alla luce dei sondaggi, il nuovo partito non decolla.

Gli accadimenti delle ultime settimane – la minaccia di sfiduciare il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, la spada di Damocle agitata sulla testa del governo, l’eventuale uscita dal governo stesso pur sostenendolo con i propri voti (!), e altri elementi che compongono il puzzle del «teatrino» che Renzi stesso ha alimentato per settimane e a cui vorrebbe ora «mettere fine» – dimostrano quante difficoltà sta vivendo l’alleanza nata sei mesi fa. Che dovrebbe dedicare per intero le proprie energie a dare soluzione ai problemi impellenti del Paese – dalla crescita economica al lavoro, dal risanamento dei conti alle infrastrutture che in numerose aree del Paese hanno superato il grado di fatiscenza – e soprattutto a tracciare un futuro per l’Italia che vada ben oltre il calcolo di potere e l’orizzonte di eventuali elezioni in autunno. Un futuro che ha un nome e un cognome: che Italia vogliamo costruire per il traguardo 2030, sapendo che altre nazioni alzano l’asticella ben oltre tale data?

Anziché spendersi per tale sfida – che chiama in causa le responsabilità della maggioranza di cui Renzi è parte in causa – si discute da giorni di nuovi assetti, dei palliativi per tenere in vita il governo e la legislatura: frenare Renzi, contando su una pattuglia di “responsabili”, che qualcuno vorrebbe chiamare “coraggiosi”, ovvero su alcuni senatori provenienti dall’opposizione (e anche da IV stessa), che in Parlamento voterebbero a favore del governo Conte per garantire la durata della legislatura. La paura di nuove votazioni dagli esiti imprevedibili è tangibile, ma tanto più la maggioranza dovrebbe riacquistare il proprio senno, anziché sforzarsi nel produrre accuse reciproche giorno per giorno.

L’incapacità di trovare soluzioni condivise e la strategia del leader di IV di tirare al massimo la corda – che potrebbe sfuggirgli di mano – rappresentano plasticamente le difficoltà attuali dell’esecutivo. Attendiamo, mentre andiamo in stampa, i risultati dell’incontro tra Renzi e Conte, ma il pericolo di una crisi al buio e l’ipotesi di elezioni ravvicinate permangono nell’aria e saranno difficilmente superabili anche in caso di tregua. Occorre davvero un governo autorevole per affrontare i problemi dell’Italia, in cui le distinzioni non diventano divisioni.

 

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