L’amore per la maglia da 5 generazioni

In foto: Mariuccia nel laboratorio, con le amate macchine da maglieria, nei primi anni 70.

Andando a Parigi, nei primi anni del 2000, in una elegante boutique di Boulevard Saint Germain vidi esposti alcuni capi a maglia: erano bellissimi, sia per la lavorazione che nello stile. Desiderai acquistarne almeno due, in quanto modelli particolarmente interessanti del “made in France” o “made in Paris”. Poi ecco che, casualmente vengo a sapere, che quello che avevo pensato fosse “made in France” era “made in Lessinia”! Sì, proprio la “nostra” Lessinia: altopiano situato per la maggior parte in provincia di Verona.

Scoprii che quei capi straordinari erano opera di una nostra abilissima magliaia: Paola Doardo. La storia che vi racconto potrebbe far parte a pieno titolo della serie “incredibile, ma vero”. Condita da un bel pizzico di orgoglio nazionale. Perché appartiene a una di quelle stupende sconosciute realtà italiane, di cui possiamo e dobbiamo essere orgogliosi, anche perché se ne viene a conoscenza grazie alle nuove generazioni che, dopo oltre un secolo, proseguono con passione un’attività atavica.

È una storia bellissima, che mi è stata dapprima illustrata da una giovane discendente di abilissime magliaie, Maddalena detta Maddy. Ventidue anni, questa giovane laureanda in Psicologia del lavoro (primo triennio, ed è già pronta ad affrontare il secondo biennio), mentre si dedica agli studi universitari segue con passione l’abbigliamento a maglia creato dalla zia. Tanto da dedicare sempre parte del suo tempo alla boutique (di Paola e Maddalena Doardo!), che da due anni è aperta nella centralissima via Amanti di Verona.

Storia che Maddalena, poi, mi ha fatto raccontare -con dettagli e ricca di particolari- da sua nonna Maria (per tutti Mariuccia) Doardo Antonelli che, a 83 anni, segue attentamente l’attività della figlia Paola.

Attività che nasce ad Azzago di Grezzana nell’800 con la nonna di Mariuccia, Luigia, che, nata nel 1880, trasmette la passione per il lavoro a maglia alla figlia Angelina. Nel 1935 Angelina sposa Adelino Antonelli: lui ha 23 anni, lei 22. Presto Adelino viene richiamato alle armi. Lo aspettano la guerra d’Africa e la prigionia in Germania, che predominano nei ricordi. Nel ’45, al ritorno dalla prigionia, Adelino è distrutto fisicamente, ma ha la mente piena di progetti. Le sue idee vengono condivise dalla moglie in quei tempi duri nei quali, peraltro, i giovani -nella provincia, così come in città- erano ricchi di buona volontà, spinti da un forte desiderio di riuscire. Per Angelina e Adelino -che nel frattempo avevano messo al mondo ben cinque figli (Mariuccia è la maggiore) – la vita non è priva di stenti e sacrifici per poter realizzare il loro grande sogno: acquistare una macchina da maglieria! Ed ecco che “la buona sorte e la Divina Provvidenza” vengono loro in aiuto. Una giovane della zona, per vocazione, sceglie di farsi suora e, in seguito alla decisione, mette in vendita, a metà prezzo, una di quelle macchine da cucire da loro tanto desiderata. E la cifra richiesta è proprio quella di cui i due sposi disponevano!

Mariuccia – per diritto “di anzianità” – può frequentare, per due anni, la scuola di maglieria tenuta quotidianamente, a Verona, da Perazzoli, in corso Portoni Borsari. Apro una parentesi: al tempo, nella veronese Porta Borsari non c’erano boutique, ma, oltre a Perazzoli -con le macchine da cucire, i fornelli a gas e altri accessori per la casa-, e a Manzi Ferramenta, altri “punti di richiamo” erano i bellissimi e fornitissimi negozi di mobili, le gioiellerie, mentre trionfava anche la gastronomia grazie a una pescheria e con Todeschini “re del baccalà”. In più – assai conosciuti e apprezzati- c’erano il caffè Tubino e il tutt’ora in primo piano (e ampliato) Panificio De Rossi.

IL RACCONTO DI MARIUCCIA

“Alle sei del mattino – racconta Mariuccia- prendevo il pullman, ed arrivavo a Verona, in piazza delle Poste, alle sette e trenta.  Per raggiungere Portoni Borsari attraversavo piazza delle Erbe, e sentivo i profumi invitanti di panzerotti e caffè. Prima di entrare da Perazzoli mi recavo in una vicina bella chiesetta per ringraziare il Signore di tanta grazia e privilegio: al tempo, le ragazze della nostra zona (e sappiamo anche del Trentino, e del Friuli, n.d.r.) trovavano lavoro soltanto a Milano oppure in Svizzera, le più fortunate a Verona. In ogni caso si ritrovavano lontane dalla propria famiglia, ma non c’erano altre prospettive!

Con gioia di tutti, la sera tornavo a casa soddisfatta per tutto ciò che imparavo, per i progressi fatti. Poi, mia sorella Elsa ed io lavoravamo fino a notte fonda per consegnare puntualmente il lavoro che, nel frattempo, ci era stato commissionato da una ditta di Carpi. Il giorno stabilito per la consegna prendevamo il treno a Verona Porta Nuova per Carpi-Modena, e incontravamo altre ragazze -della bassa veronese-che portavano il loro lavoro ad altri maglifici, simili al nostro. Il sacrificio era grande, ma superato dal successo.

Nel 1957, poi, le macchine per maglieria nelle nostre colline – Roverè, S. Francesco, Cerro, Velo e San Rocco- erano sempre più numerose, e le ragazze lavoravano a casa: i primi guadagni erano una manna per tutti.

Dopo pochi anni, mio papà e mio fratello, con l’automobile acquistata per lavoro, si recavano da una decina di magliaie della zona ritirando le loro creazioni, che avrebbero portato a Carpi. La mamma, le mie sorelle ed io controllavamo prima accuratamente ogni cosa: tutto doveva essere perfetto.

Nel 1961 mi sposai, e per il lavoro di mio marito ci trasferimmo a Porto Ceresio (in provincia di Varese). Qui comprammo la prima macchina da maglieria esclusivamente mia: era un vero gioiello! Finalmente potevo realizzare capi creati con i miei gusti e fantasia. Nel frattempo, avevo avuto tre figli: Paola, Cristina e Paolo. Nel 1966 tornammo nel nostro paese. Nacquero altri tre figli: Giuseppe, Alessia ed Alessio, ma, fra tutti, soltanto Paola ebbe passione per la maglieria, dimostrandosi un vero talento. Dopo essersi diplomata ad una scuola di stilismo e maglieria, eseguiva i suoi modelli nel laboratorio di famiglia, lavorando per note boutique nazionali ed internazionali: anche per una di Parigi, in Boulevard Saint Germain. Nel frattempo, aprì un punto vendita a Bosco Chiesanuova (a oltre 1000 metri, località frequentata soprattutto per gite e vacanze, col Parco Naturale Regionale e il Boscopark della Lessinia, n.d.r.) ottenendo ottimi risultati: la clientela dimostrò subito molto interesse per i suoi capi su misura, che possedevano un “qualcosa in più”.

Io (ah, le mamme! n.d.r.) sono ancora presente dando a Paola piccoli consigli e     accorgimenti, seguendo passo dopo passo i modelli che realizza e che, da due anni, vengono presentati anche nella boutique di Verona, curata da Maddalena, alla quale si affianca Benedetta, un’altra mia nipote, la quinta generazione! Pur se entrambe seguono con successo gli studi universitari, dimostrano grande interesse per questa attività “di famiglia: ed è per me una gioia”.

Grazie, signora Mariuccia, per aver fatto ricordare un successo, riconosciuto anche internazionalmente, soprattutto “al femminile”. Anche se -e lo ammettiamo senza problemi, anzi con piacere- non è mancato un importante sostegno maschile. E potrebbe davvero sembrare superfluo salutarla con un “ad maiora!”. 

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