L’intervista a Anna Tedone, “pittrice-narratrice”. Vernissage a Basilea

Anna Tedone

“L’arte non deve educare, ma deve veicolare collettivamente un messaggio sociale”, ci spiega l’artista

di Maria Concetta Di Paolo

Foto: uno dei quadri di Anna Tedone, esposto all’inaugurazione della “Casa delle Associazioni” a Basilea

Nella serata dell’apertura della “Casa delle Associazioni” a Basilea, si è svolto il vernissage della mostra di Anna Tedone, patrocinata dal Circolo Acli “A. Grandi”. Abbiamo l’onore di incontrarla e di approfondire la sua conoscenza, attraverso la lettura delle sue opere, nell’ultima giornata dell’esposizione, tenutasi dal 1 al 3 dicembre.

Di origine pugliese, residente nel Canton Argovia da più di un decennio, Anna Tedone si autodefinisce un’artista poliedrica che dedica la sua forza creativa alle arti più diverse -pittura, scrittura, ricamo, gastronomia- motivata da una profondissima passione in tutto quello che fa.


Anna, osservando le tue opere, osiamo definirti una pittrice narratrice. Sei d’accordo con questa definizione?

“Sì, dietro ogni mia opera si cela la necessità di indurre volutamente alla riflessione. Cerco di non dare mai niente per scontato, le opere raffigurano narrazioni implicite e esplicite; spesso i piani narrativi si intersecano donando allo spettatore la possibilità di riflettere su alcuni particolari per risalire al messaggio generale”.

Le tue opere sono caratterizzate principalmente dalle rappresentazioni figurative. Perché?

“Scelgo la rappresentazione figurativa perché è quella che meglio rappresenta plasticamente l’interiorità celata. Quando ho cominciato a dipingere, il mio focus era la figura umana, senza dettagli ulteriori. Le figure erano come accartocciate dentro la tela, prediligevo fornire una centralità totale alla figura senza che ci fosse ulteriore spazio per altri dettagli; gli umani erano realizzati distorti, con più arti, quasi come se volessero riempire nel movimento la tela nella sua interezza. Avevo la necessità di riempire tutti gli spazi e percepivo la tela come limite, inteso come confine fisiologico dell’esistenza umana. I toni che usavo erano cupi con contrasti evidenti, perché volevo attirare lo sguardo sul focus raffigurativo”. 

Hai detto che l’arte è al servizio della vita, deve fornire un miglioramento intrinseco nella vita stessa. L’arte, nella sua funzione catartica, può essere intesa anche come resilienza? 

“L’arte per me è sempre “bellezza” e ha il compito di assumere molteplici significati: l’arte deve essere denuncia, deve essere ‘prodotto sintetico’ che veicola messaggi, forse a volte un po’ criptici; lo spettatore deve guardare dentro la tela, dentro le figure, perché l’arte non deve educare ma deve veicolare collettivamente un messaggio sociale. Questo è il pensiero che attraversa la mia produzione attuale”. 

Il tuo stile, la tua ispirazione tematica e filosofica si sono modificati nel tempo?

“Non ho mai dipinto nature morte, perché a mio avviso non hanno alcun messaggio da comunicare. La realtà è quello che l’uomo vive quotidianamente, questo è il mio pensiero, ora! Prima i miei dipinti erano intimistici, ora preferisco comunicare e indurre alla riflessione.
Ad esempio le figure non occupano più tutto lo spazio della tela, perché la mia visione si sta spostando dall’umanità al contesto ambientale, al contesto sociale, alle relazioni umane. Lo spazio è diventato lo spazio delle relazioni, per esempio a volte lo spazio lo intendo come quello che riesce ad esprimere il sentimento e che mette in collegamento l’essere umano con gli altri attraverso lo spazio. Ho capito che, attraverso la mia arte, devo fare il mio dovere di denuncia sociale, soddisfacendo il bisogno di gridare la mia denuncia interiore e esprimendo il mio assenso o dissenso su temi che ci riguardano tutti”.

Qual è la tua modalità di lavoro?

“Dipende dall’opera! A volte è come un rigurgito, repentino e indolore; altre una lunga e dolorosa catarsi che evolve da una riflessione attenta e minuziosa con una pianificazione ben definita in mente, che di solito cambia solo per alcuni dettagli che si aggiungono al tutto. In genere sono le opere più ricche di simbolismi che mi tengono “in ostaggio” più a lungo e che sono di difficile realizzazione”.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

“Sono piuttosto indefiniti, nel senso che mi piacerebbe dedicare più tempo alla mia produzione pittorica ma ora non è possibile, per via degli impegni lavorativi e familiari. Ma non smetterò mai di impegnarmi! Ora sono in una fase di “attesa” e quando questo accade, succede ciclicamente, dopo riprendo -con più incisività e entusiasmo- a ‘mettere giù’ quanto in quel periodo ho ‘sedimentato’. Di sicuro spero di farmi conoscere da un più ampio pubblico, questo è certo!”.

Noi te lo auguriamo e ti ringraziamo.

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