Niente di nuovo sul fronte occidentale, il film

La recensione della pellicola, distribuita al cinema e dal 28 ottobre su Netflix

di Dario Furlani

È una sensazione di shock quella che percorre il corpo mentre scorrono i titoli di coda di Niente di nuovo sul fronte occidentale. L’intensità emotiva e psicologica delle scene è una mazza che ha continuato ad abbattersi sullo spettatore per tutta la durata, non certo risicata, della pellicola. Più che un regista, Edward Berger sembra infatti un pugile accanito sull’avversario -lo spettatore martoriato-, con la salda intenzione di non lasciargli un momento di respiro. La sua tecnica non è perfetta e i movimenti sono a volte goffi o confusi, ma complessivamente è proprio la forza bruta che gli consente di vincere l’incontro. Ed è forse proprio questo il punto di equilibrio del film.

Come nell’omonimo romanzo di Erich Maria Remarque, siamo nelle campagne francesi, su uno dei fronti più duri e sanguinosi della Prima guerra mondiale. Un gruppo di ragazzi diciannovenni, esaltati dalle idee nazionaliste inneggiate dai loro professori, si arruolano volontari per intraprendere quella che immaginano sarà un’avventura formativa. Inutile dire che la devastante realtà bellica li farà ricredere sull’utilità del conflitto, affrontando una quotidianità fatta di fango, freddo, bombe e morte.

Sono proprio questi protagonisti il primo punto dolente del film. Se un classico difetto di numerose pellicole di guerra è appunto la scarsa caratterizzazione dei personaggi, questo film non fa eccezione. I ragazzi vengono presentati con una frettolosità sconcertante, senza che venga fornito loro un background o una profondità psicologica. Nulla sappiamo di loro e nulla sapremo, facendoli così rimanere dei volti indistinguibili in altrettante anonime uniformi grigie (che certamente non aiutano a distinguerli). Lo spettatore si ritrova legato a loro solamente grazie allo spontaneo moto di immedesimazione che porta un essere umano ad empatizzare con un suo simile ridotto in condizioni di puro disagio.

Quasi nullo è in questo senso il contributo del carosello di scene ‘introspettive’ opportunamente disseminate durante tutto il film, che non riescono a smuoversi di un millimetro dagli stilemi del genere. Sono echi di mille altre pellicole di guerra, i cui elementi vengono presi e riproposti in una parvenza di profondità.

Ed ecco giungere la seconda, grande pecca che rischia di affondare il film. Niente di nuovo sul fronte occidentale conferma quello che il titolo promette, dando niente di più di una sensazione di déjà vu. Berger fa muovere la sua opera su dei binari la cui meta è già ampiamente conosciuta e torna su tematiche abbondantemente sviscerate. La regia stessa risulta un’enorme antologia con numerosissimi rimandi -più o meno intenzionali- da Orizzonti di gloria, Full metal Jacket all’ormai celebre 1917, che tre anni fa suscitò grande interesse per l’approccio tecnico molto peculiare scelto dal regista Sam Mendes. Il lavoro di Berger non vive di vita propria, proponendo sì saltuariamente qualche idea originale senza però riuscire a distaccarsi dai sentieri battuti da generazioni di cineasti.

Se la pellicola fallisce sul lato dell’analisi introspettiva, centra in pieno il bersaglio per quanto riguarda la caratterizzazione della vera protagonista del film: la guerra. Le sequenze di combattimento sono il vero fulcro e colonna portante di Niente di nuovo sul fronte occidentale, scaricando con la potenza di una bomba delle immagini che si piantano saldamente nella mente dello spettatore. La violenza assume dimensioni talmente disumane da diventare aliena e sveste di qualunque nobiltà un conflitto che ha da tempo perso il proprio senso di esistere. 1917 ha mostrato la Prima guerra mondiale con un nuovo sguardo e ha proposto un’estetica bellica che ha evidentemente fatto scuola. Berger ne riprende l’approccio eliminando la fastidiosa spettacolarizzazione e sfrutta il montaggio per sincronizzarsi alla sinfonia di morte del campo di battaglia.

Da un punto di vista storico-cinematografico siamo probabilmente davanti a un nuovo modo di girare e intendere il genere di guerra che si svilupperà negli anni a venire. Anche grazie al supporto di nuove tecnologie si è in grado di dare un nuovo tipo di immagine, che rappresenta la realtà militare in modo globale ed immersivo. Bisogna però sperare che il fumo di bombe e cannoni non svii l’attenzione da un arrosto inesistente.

Continuare
Abbonati per leggere tutto l'articolo
Ricordami