Signori si cambia!

Che il coronavirus, o covid-19, portasse con sé – oltre a persone scomparse ed immagini che hanno sconvolto chiunque abbia almeno una briciola di sensibilità –altre scomparse, se non cambiamenti (e innovazioni o retrocessioni) poteva essere scontato.

Ed ecco che, via via, si fa sempre più evidente e conclamato un cambio-rotta di tutto il settore moda.

Le prime avvisaglie sono arrivate sia dalla Francia che dall’Italia. E gli “addetti ai lavori” (se non i giovanissimi, curiosi di vedere e conoscere altri Paesi, più che sfilate o presentazioni di vario genere) non se ne rammaricano: anzi! Quelli che – con spirito acuto – un collega ha definito “viaggi-merende dall’uno all’altro capo del mondo per assistere al lancio di un gioiello, se non di una t-shirt, o ad una sfilata di 20 minuti, con tutto un seguito, fra cui le ‘starlette’ di turno, ed i sempre più numerosi fashion bloggers, donne e uomini sandwich dei giorni nostri”: sembrerebbero destinati a scomparire, anche se cercheranno nuovi modi di emergere.

E mentre si aspira sempre più ad un “concordato” (che si diceva già realizzato!) per le presentazioni di abbigliamento maschile e femminile, prêt-à-porter e lusso (anche se, ora, il “lusso” si è esteso ai più vari settori) ecco che i “grandi nomi” annunciano innovazioni, se non rivoluzioni nei vari calendari, sedi, sfilate.

Per primo si è sentito Armani che – mentre faceva notare quanto il sistema moda deve cambiare “consapevole dell’attuale situazione economica e dei cambiamenti che sta causando” – annunciava che la sua sfilata d’alta moda non verrà presentata nelle giornate della haute couture a Parigi, a gennaio e luglio, ma una volta all’anno, nella sua storica sede milanese di via Durini considerando, inoltre, che proprio questa crisi può rappresentare un’opportunità per rallentare e riallineare tutto. Nel frattempo, “Re Giorgio” riapre, a Milano, l’Armani/Silos con la mostra dedicata al lavoro di Peter Lindbergh, che durerà fino al 10 gennaio 2021.

Quasi in contemporanea ecco Francesca Bellettini, presidente e CEO di Saint Laurent (già: un altro nome italiano, femminile, ai vertici di una delle più celebri “maison de couture” parigine, oggi del Gruppo Kering: Francesca, 50 anni, nata a Cesena, università Bocconi ed a Chicago, esperienza anche presso grandi griffes italiane, insignita della Legion d’honneur,   ha portato le vendite della maison a cifre impensabili ed insperate), con lo stilista della maison, Antony Vaccariello (nato in Belgio, ma con un cognome che ne denuncia le origini) ha fatto sapere che le sfilate Saint Laurent non verranno più presentate nelle settimane della moda parigine. Alessandro Michele, stilista di Gucci, ha poi annunciato di “abbandonare il ritmo stanco della stagionalità e delle sfilate”; pertanto diserterà le rassegne di settembre per presentare la sua collezione ad ottobre e, d’ora in poi, le sue collezioni saranno una sola all’anno. Pier Paolo Piccioli, per Valentino, ha invece comunicato che non aderirà alle sfilate digitali donne e uomo, in programma per luglio, a Parigi.

Intanto si ricorda che Patrizio Bertelli -marito di Miuccia Prada, e AD del Gruppo Prada- per primo aveva auspicato proprio una riprogrammazione delle sfilate. Ed anche l’olandese Dries Van Noten ha lanciato un messaggio contro sfilate e rassegne, firmato anche dall’americana Tory Burch, dall’inglese Craig Green e molti altri stilisti internazionali. E mentre si dice, inoltre, che “il sistema moda non è democratico” – fra annunci, dichiarazioni, prese di posizione degli stilisti- i presidenti delle Camere della Moda – Carlo Capasa, per l’Italia; Caroline Rush, per l’Inghilterra; Pascale Morange, per la Francia (ancora ignoti i provvedimenti di Tom Ford per gli USA)- stanno cercando, senza tregua, di destreggiarsi fra le varie annunciate “fashion week” ( più che settimane giornate della moda: a Londra dal 12 al 14 giugno: opinabile, considerando la situazione coronavirus nella capitale inglese; a Milano dal 14 al 17 luglio; a Parigi con la Haute Couture dal 6 luglio, e collezioni uomo a seguire).

A giorni dovrebbero esservi le decisioni definitive. Vedremo se la moda sarà ancora di moda. Anche se, ricordando ancora Voltaire, si potrà ripetere: “…dea incostante, incomoda, bizzarra nei gusti, folle negli ornamenti, appare, fugge, ritorna, rinasce in tutti i tempi: è figlia di Proteo, e si chiama moda”.

Intanto, un’altra fascia di abbigliamento e accessori ha ripreso a essere prodotta, dopo i mesi di “stallo forzato”: e si parla sempre più di economia circolare, di recupero dei tessuti. Si cerca, sia pure faticosamente, di tornare alla normalità, con un gran desiderio di guardare al futuro: senza pericolosi ultra-dannosi ritorni.

 

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