Un mondo di sentimenti e di note

J- M. Coetzee, Il Polacco (romanzo), Einaudi. La Recensione di Moreno Macchi

Moreno Macchi

«A lei piace quello che conosce.
Le piace stare comoda.
Non le piacciono le novità
per il gusto delle novità
»

«Se dentro lui ci ha nascosto
un messaggio,
ha usato un codice
che lei non conosce
»

Settantadue anni (ma non li dimostra affatto), folta chioma argentea (sarà un must per i pianisti e i direttori d’orchestra?), bel portamento, notevole e talentuoso interprete di Chopin (ma a modo suo, in maniera diciamo un po’ «italianeggiante»), un nome lungo e talmente pieno di w e di z che praticamente nessuno osa pronunciarlo (si chiama Witold Walczyewicz), «il Polacco» sta per dare un concerto in una nota sala del quartiere barocco di Barcellona su invito di un prestigioso circolo musicale al quale è stato caldamente raccomandato da Margarita (che già conosceva il pianista di fama) e che lo aveva sentito suonare a Parigi.

L’amica di Margarita (Beatriz, che con lei ha frequentato una scuola tenuta dalle suore) è invitata al concerto (non suo marito – primo e unico grande amore – che non fa parte del giro e che predilige le sfere di interesse separate: lui ha le sue, diverse da quelle della moglie), ma non è molto sicura di sentirsi poi a suo agio in quell’ambiente un po’ austero e compassato che non sa come l’accoglierà.

Il fato le gioca però un tiro mancino. Margarita si ammala e le chiede quindi di occuparsi lei del trasferimento del pianista dall’albergo al teatro e poi di intrattenerlo (se sarà il caso) dopo lo spettacolo in modo che questi si senta ben accolto e a suo agio.

Le due donne hanno caratteri, gusti e personalità assai diverse, quasi agli antipodi e quindi per Beatriz sostituire Margarita non sarà un compito così facile. Infatti, ne è molto preoccupata.

Concerto e serata si svolgono per il meglio, e l’indomani il pianista lascia Barcellona.

Passa poco tempo quando Beatriz riceve un’e-mail da Witold che (guarda caso) si trova in Spagna per dare delle masterclass a Girona in un conservatorio di non grande importanza né nomea e che la invita a raggiungerlo per contraccambiare la cortesia e l’ospitalità. Beatriz si dice che gatta ci cova e gli risponde abbastanza freddamente (dopo ponderata riflessione) chiedendo il vero motivo del ritorno del Polacco in Spagna.

La risposta non si fa attendere ed è non si può più chiara «Per te».

La donna prende l’auto e parte. Arrivata a Girona, assiste alla lezione di Witold apprezzandone le doti pedagogiche, poi alla fine della lezione lui le si avvicina ed escono insieme. Beatriz è sulla difensiva (e anche un po’ aggressiva), confessa di non essere arrabbiata, ma piuttosto impaziente, mentre il pianista si mostra galante senza nessuna particolare insistenza.

Il momento è abbastanza difficile e sconcertante perché i due in realtà non si conoscono affatto (si sono in fondo visti solo per poco tempo dopo il concerto) e quindi mantengono una certo distacco per non dire una reciproca diffidenza (assai più marcata in Beatriz) e sembrano non essere assolutamente sulla stessa lunghezza d’onda. Il Polacco è cortese e garbato, Beatriz nervosa e (forse) fin troppo schietta. Ma lo è soprattutto per essere chiara e per non lasciar nascere idee strane nella mente dell’uomo. Almeno per ora.

Il breve accattivante racconto (116 pagine) è suddiviso in sei succinti capitoletti a loro volta frazionati in più o meno lunghi paragrafi numerati (quasi fossero brevi schede riassuntive) che a loro volta sono composti da frasi corte, scarne e lapidarie, perfino telegraficamente nominali.

Però ad un tratto il fraseggio può anche prendere il volo, innalzarsi e rivelarsi di più ampio respiro; le frasi diventano più lunghe, più articolate e elaborate quando affrontano sensazioni o descrizioni precise che richiedono dettagli esatti e grazie alle quali il narratore anonimo penetra di soppiatto nella mente di Beatriz per palesare i suoi pensieri, le sue riflessioni, i suoi punti di vista sul pianista e sulla realtà che la circonda, usando quella che viene comunemente chiamata una focalizzazione interna e cioè la tecnica usata per penetrare nella mente dei personaggi e svelarci la loro visione delle cose o le sue più intime riflessioni che (ovviamente) i personaggi che la attorniano non vengono a sapere, ma che permettono all’attento lettore di capire e decifrare meglio i comportamenti e le reazioni (che a volte possono parere misteriose agli altri) del personaggio in questione.

Un piccolo grande romanzo che dimostra che è possibile di imbastire una valida storia senza necessariamente riempire 500 pagine, come sembra essere di moda ai nostri giorni!

J- M. Coetzee,
Il Polacco,
Einaudi

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