Agli Antipodi del nostro mondo gli australiani compongono sogni

Il PAC di Milano torna ad esplorare le culture internazionali e questa volta ci porta in Australia, con una selezione mai vista prima fuori dalla grande isola.

Gli aborigeni australiani credono che tutto sia un sogno. Ovviamente il concetto non è così semplice, non si può circoscrivere tutta la loro metafisica solo con il Grande Canguro, però partiamo da questo concetto semplicistico. Gli antichi Greci, invece, chiamavano “Antipodi” alcuni abitanti immaginari posti su un territorio esattamente opposto alla terra conosciuta. Sognavano alieni che facevano cose da qualche parte, lontanissimo. E in Australia sognavano che qualcuno creava cose, insieme agli animali, che sognavano a loro volta.

Il PAC di Milano raccoglie una splendida mostra con una selezione di 32 artisti (sia emergenti che affermati) appartenenti a diverse generazioni e background culturali. La più grande ricognizione sull’arte australiana contemporanea mai realizzata al di fuori del continente.

Un viaggio inclusivo, negli spazi eleganti del padiglione, che ci porta a notare alcuni giovani autori come James Tylor, classe 1986 che vive e lavora a Camberra. Egli ricorre a processi fotografici storici e sperimentali con la sua opera Te Moana Nui (del 2017): una serie di dagherrotipi, il primo processo fotografico di successo commerciale nella storia della fotografia. Il mondo di Aotearoa (il nome Maori della Nuova Zelanda) diventa oggetto commerciale, esplorazione di impatto che rimanda a una solida impressione di qualcosa di esotico, ma che ha origini ben più antiche. Un paradosso tra ambiente, distruzione, umanità e anche immigrazione (se si pensa alle sinistre politiche australiane con Nauru) arriva con potenza dall’opera di Fiona Hall, artista conosciuta che vive e lavora a Hobart, in Australia. Qui espone Lay me down (2018-19), rielaborando un’opera precedente: Forest floor (2018). Un mare di bottiglie di vetro che lasciano intravedere le ossa di una civiltà in un cimitero archeologico.

Il video di Julie Gough si concentra sui popoli indigeni della Tasmania con il suo The Gathering (2015), mentre Maria Fernanda Cardoso (di origini colombiane, ma attiva a Sydney) ci mostra nel piccolo la meraviglia della natura, con Origins of Art (2016). Foto giganti del Maratus, un piccolo ragno australiano conosciuto comunemente come ragno pavone, espressione più naturale e pura dell’arte che mette in discussione il ruolo dell’essere umano come unico fruitore del concetto stesso di arte.

Al PAC di Milano c’è un mondo esposto, un mondo che un tempo sognava e continua a sognare. Un mondo che vorrebbe sognare per sempre, e che attraverso i suoi segnali d’arte ci sta avvisando (da tempo) di aver bisogno di aiuto. Perché la mostra sugli Antipodi non è solo un viaggio di pieghe immaginative lontane e vicine; è anche un percorso politico e critico su una società lontana e spesso dimenticata.

Australia. Storie dagli Antipodi è una mostra che seleziona 32 artisti provenienti dall’Australia ed è esposta al PAC, Padiglione di Arte Contemporanea di Milano (via Palestro 14) fino al 9 febbraio 2020. La mostra è curata da Eugenio Viola.

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