Cara Europa, ci sei per noi?

Per il sogno europeo, le prossime settimane e i prossimi mesi saranno decisivi. I leader europei potranno, o vorranno, proseguire verso una vera e concreta unione? Oppure saranno costretti a dichiarare il fallimento storico del progetto europeo? Sono in gioco il futuro stesso dell’euro e il benessere economico di milioni di cittadini europei di fronte alle avvisaglie di una recessione globale molto probabile e con pochissimi precedenti. E sono in gioco i valori e gli ideali di democrazia aperta, che sono alla base della costruzione europea. Secondo alcuni analisti – e tanti tra ‘la gente’ – la guerra contro il Coronavirus e, di recente, la corsa alla chiusura dei confini nazionali mettono in evidenza un’estrema timidezza dei vertici europei, così come una preoccupante mancanza di coraggio e di visione comune dell’Unione.

Abbiamo chiesto a Massimo Gaudina, Capo della Rappresentanza  della Commissione europea a Milano, quale sia il ruolo dell’Ue nella gestione della pandemia da Covid-19.

Assistiamo ad un ampio dibattito sul ruolo che l’Unione Europa potrebbe (dovrebbe – secondo alcuni) avere nel combattere la diffusione del virus e che, secondo gli euroscettici, non ha. Recentemente, l’invio da parte dell’Ue di mascherine in Iran, proprio nel momento in cui l’Europa ne ha più bisogno, è stato oggetto di forti critiche. L’Unione Europea ci ha lasciato soli, o non può che lasciarci soli? Dottor Gaudina, che cosa “dicono” i Trattati?

I Trattati, scritti e adottati dai governi nazionali, affidano all’Unione europea il compito di sostenere, supportare e coordinare le politiche nazionali in campo sanitario. I Paesi Ue sono quindi sovrani nel decidere azioni e politiche sanitarie, per loro stessa volontà. Proprio per coordinare il più possibile l’azione dei Paesi Ue, dal 13 marzo la commissaria Kyriakides e i 27 ministri della salute si riuniscono ogni giorno in videoconferenza per fare il punto della situazione sull’epidemia e la sua evoluzione. A queste riunioni partecipano, quando necessario, anche i 27 ministri degli interni e la commissaria Johansson.

La Commissione ha inoltre creato una Task Force di pronto intervento con funzioni di coordinamento a livello politico, composto dai commissari responsabili per le politiche maggiormente interessate. Oltre alla presidente, ne fanno parte la vice presidente Vestager (concorrenza e aiuti di Stato), i commissari Gentiloni (economia), Breton (mercato interno), Stella Kyriakides (salute), Lenarčič (gestione delle crisi), Johansson (interni) e Adina Vălean (trasporti).

L’azione della Commissione europea non si è fermata qui: sono state messe in campo una serie di iniziative per affrontare la crisi sanitaria ed economica legata alla diffusione del Covid-19. Sul versante del materiale protettivo e sanitario, la Commissione europea ha stabilito che mascherine e materiali protettivi prodotti in Europa dovranno restare in Europa. Inoltre la Commissione ha chiesto e ottenuto che nessun Stato Ue blocchi l’esportazione di mascherine, o beni simili, verso altri Stati membri, com’era invece successo nei confronti dell’Italia all’inizio di questa emergenza. Ricordiamo infine che la Commissione sta creando alle frontiere interne europee delle corsie preferenziali per agevolare e velocizzare il trasporto di alimentari, medicinali e altri beni di prima necessità.

Sul versante economico, nelle prossime settimane 1 miliardo di euro sarà riorientato dal bilancio dell’UE come garanzia per il Fondo europeo per gli investimenti, al fine di incentivare le banche a fornire liquidità a PMI e imprese a media capitalizzazione. I finanziamenti così mobilitati, per un totale di circa 8 miliardi di euro, permetteranno di aiutare almeno 100 mila PMI europee e imprese a media capitalizzazione. Verrà inoltre applicata la massima flessibilità sui conti pubblici e sulle norme sugli aiuti di Stato per consentire ai Paesi Ue di agire in modo rapido ed efficace per sostenere i cittadini e le imprese, in particolare le piccole e medie imprese, che incontrano difficoltà economiche a causa dell’epidemia di COVID-19.

A queste misure si aggiungono anche la recente decisione della Banca centrale europea di stanziare un nuovo piano di quantitative easing da 750 miliardi di euro per alleviare l’impatto della pandemia di coronavirus, nonché l’impegno dei paesi dell’Eurogruppo di utilizzare una parte del PIL per la risposta all’emergenza e per aiutare le imprese in crisi di liquidità.

In Svizzera, sono state adottate varie misure restrittive per contenere il Coronavirus, molto simili a quelle già attuate in Italia, con la differenza che qui all’opinione pubblica vengono fatti pervenire pochi dati riguardanti i contagi. Le autorità elvetiche parlano di reazione proporzionale al pericolo, con l’obiettivo di evitare la psicosi sociale, che invece si respira in vari Paesi europei. È possibile prevedere una politica di comunicazione comune da parte delle istituzioni europee, non solo per informare del virus e quali restrizioni adottare, ma anche per gestire la paura? 

Vedo in questo un ulteriore motivo per rafforzare il coordinamento di queste politiche a livello europeo. Occorre però sottolineare il ruolo dell’Agenzia europea per la gestione delle malattie basata a Stoccolma (ECDC) che fornisce ai governi linee guida, analisi del rischio, dati e raccomandazioni. Si tratta di strumenti che l’Unione europea mette a disposizione dei governi nazionali, offrendo anche assistenza materiale. Per fare un esempio, un team dell’Agenzia è venuto in Italia già il 24 febbraio per confrontarsi con le autorità italiane sulle modalità per monitorare e fronteggiare l’emergenza. L’ECDC e l’OMS danno raccomandazioni ai governi, che sono poi liberi di attuarle e di comunicarle ai cittadini.

Oggi assistiamo a un ritorno del ‘popolo’ (non necessariamente del populismo): il virus sembra rafforzare il sentimento di unità nazionale e anche la centralità della Politica. Abbiamo creduto che la Politica dovesse cedere lo scettro alla Tecnica, ma ora ci ritroviamo uniti nel nome del popolo. Un problema per le istituzioni europee e la legittimità democratica dell’Ue, che sembrerebbe – ancora più – lontana dai cittadini?

Il nuovo coronavirus è una sfida enorme per istituzioni, governi, sistemi sanitari ed economie. Ma è soprattutto una sfida enorme per i cittadini. Quando un problema supera i confini, anche la soluzione dovrebbe superare i confini. Potrebbe essere auspicabile dare competenze, poteri e mezzi finanziari adeguati a organismi transnazionali per poter gestire insieme fenomeni che non sono né locali, né nazionali. Abbiamo visto quello che succede quando regioni differenti dello stesso Paese hanno politiche diverse rispetto all’epidemia, e lo stesso avviene quando diversi Paesi agiscono in maniera scoordinata. L’emergenza legata al coronavirus ci insegna la necessità di affrontare insieme queste sfide. Politica e tecnica non sono contrapposte : questa crisi anzi dimostra che la voce della scienza è sempre più importante, affinché i rappresentanti dei cittadini e le istituzioni prendano le giuste decisioni.

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