La comunità italiana in Svizzera è stata fondamentale nel passato. Che cosa succederà negli anni a venire?

crediti Gloria Bressan

La velocità della Confederazione nell’adattarsi ai flussi migratori sarà fondamentale per il suo futuro. Spunti di riflessione alla presentazione del volume di Limes “Svizzera, la potenza nascosta” a Zurigo

di Dario Furlani

Foto: un momento della presentazione Limes a Zurigo; crediti Gloria Bressan

È una sala gremita quella che accoglie il direttore Lucio Caracciolo e il vicedirettore Fabrizio Maronta della rivista Limes, a un evento organizzato dall’Istituto Italiano di Cultura a Zurigo lo scorso 12 febbraio.

Non è un caso. Quando si parla di geopolitica – e Limes è da 30 anni la rivista italiana di riferimento in questo campo- non sono poche le orecchie a drizzarsi. L’incontro inoltre riguarda direttamente il pubblico presente: cosa fa della Svizzera la potenza che è?

Quali sono i meccanismi e le caratteristiche che consentono alla Confederazione di rimanere quella paradossale oasi di pace in un mondo percepito come sempre più burrascoso?

In occasione del numero di dicembre, Limes ha dedicato un intero volume all’Elvezia, cercando di svelare i cardini di un paese la cui intera strategia politica si basa sul rimanere in disparte. Il titolo del numero non potrebbe essere infatti più calzante: “Svizzera: la potenza nascosta”.

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Sul palco a discutere questi temi centrali per la vita di ogni svizzero ci sono Caracciolo e Maronta, rispettivamente direttore e vice della rivista, e Monica Dell’Anna, presidente della Camera di commercio italiana per la Svizzera, che ha contribuito alla stesura del volume.

Fin dall’inizio del dibattito c’è però, secondo Caracciolo, una premessa da fare.
Il rischio quando parliamo di Svizzera è di ricadere negli stereotipi, cioè di immaginare che esista qualche essenza svizzera che comincia con Guglielmo Tell e dura fino a oggi. Per fortuna il tempo passa e questa è invece una fase storica in cui le cose si muovono molto più velocemente del solito. Il pubblico italiano non ha quasi nessun tipo di conoscenza di che cosa sia la Svizzera e, cosa ancora più grave, gliene importa piuttosto poco. L’obiettivo fondamentale del numero è di stimolare un discorso italo-svizzero, in modo di andare oltre alle cose che amiamo ripetere, e che magari superi il confronto sterile che riduce il rapporto tra i due paesi alle questioni lombardo-ticinesi”.

Nel corso della discussione sembrano essere tre le parole d’ordine a imporsi sul dibattito: neutralità, demografia e velocità di adattamento.

La neutralità sembra quasi essere una forma mentis incastonata nella mentalità elvetica ed è un pilastro a cui nessun cittadino vuole rinunciare. Ma, secondo Fabrizio Maronta, questa volontà di sottrarsi ad ogni questione spinosa esterna si basa sulla presenza implicita di un attore esterno più potente in grado di mantenere l’ordine. “Il mito svizzero della neutralità si basa sul diritto internazionale la cui sede è appunto a Ginevra. Tuttavia non esiste lo Ius senza l’Imperium. Puoi scrivere tutte le norme che vuoi ma se non c’è qualcuno che ha una clava da dare in testa a chi non rispetta le regole, il rispetto della norma è affidato alla mera buona volontà. Chi ha tenuto la clava fino ad ora? Dalla fine della Guerra Fredda sono stati gli USA ma una delle caratteristiche del mondo attuale è l’appannarsi della leadership americana e della sua capacità di essere il ‘poliziotto del mondo’. Cosa c’entra questo con la neutralità? Il presupposto di vivere in un mondo con dei soggetti regolatori ci sta scomparendo sotto i piedi, e se la Svizzera può continuare ad essere neutrale dipende anche dal futuro dell’alleanza militare da cui è geograficamente circondata. Sto parlando ovviamente della NATO. Se Trump dovesse tornare alla Casa Bianca, probabilmente non uscirebbe dalla NATO come prospetta, ma fino a pochi anni fa era impensabile che il presidente americano dicesse una cosa simile”.

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Un altro aspetto interessante del dibattito riguarda la demografia svizzera e la velocità del paese nell’adattarsi ai flussi migratori. Questi due aspetti diventano cruciali soprattutto se considerati nel lungo periodo e tracceranno entrambi il profilo della Svizzera del futuro.

L’immigrazione ha giocato e gioca tutt’ora un ruolo fondamentale nell’economia locale e nello sviluppo del paese, basti solo pensare alla comunità italiana. Secondo Dell’Anna “l’elemento che determinerà lo sviluppo del paese è il tema dell’integrazione e dell’omologazione dei nuovi migranti. Ricordo che il 25% della popolazione svizzera è straniera e un ulteriore 19% possiede la doppia cittadinanza. La Svizzera ha una grande capacità di omologazione, ma forse la soluzione ai problemi interni non è che tutti diventiamo più svizzeri, bensí che riusciamo ad assorbire degli impulsi in grado di dare una certa velocità e flessibilità nell’affrontare sfide future”.

Nel volume di Limes la Svizzera si conferma come un paese dalle mille qualità e una potenza nascosta, ma al tempo stesso si delineano le problematiche di una nazione spesso fin troppo restia al cambiamento. La Confederazione ha sempre puntato sulla propria stabilità tanto da farne un caposaldo della propria esistenza. Sarà quindi interessante vedere se questo posizionamento rimarrà tale nei burrascosi anni che ci attendono.

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