L’identikit dei migranti italiani di oggi: giovani, donne, insicuri e rassegnati

Dal ‘Rapporto Italiani nel Mondo 2023’ della Fondazione Migrantes risulta che i connazionali che vivono fuori dai confini sono circa 6 milioni

Sono circa 6 milioni di cittadini e cittadine quelli che costituiscono, oggi, l’Italia fuori dei confini nazionali. Il 48,2% è donna (oltre 2,8 milioni). Al contrario di quanto capita per i connazionali residenti nello Stivale, gli italiani che vivono stabilmente all’estero sono sempre più giovani: il 23,2% (oltre 1,3 milioni) ha tra i 35 e i 49 anni; il 21,7% (più di 1,2 milioni) ha tra i 18 e i 34 anni.

Delfina Licata

È il quadro che emerge dal ‘Rapporto Italiani nel Mondo 2023’ a cura di Delfina Licata, sociologa delle migrazioni presso la Fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana.

Negli ultimi due decenni, e ancora di più dal 2010 in poi, abbiamo assistito non solo a un revival del fenomeno migratorio, ma a un drastico cambiamento dello stesso. Rispetto alle caratteristiche tradizionali – origine meridionale, protagonismo dell’oltreoceano, emigrazione familiare – la mobilità degli italiani più recente, caratterizzata da partenze dalle regioni del Centro-Nord dopo, nella maggior parte dei casi, un periodo più o meno lungo di mobilità interna Sud-Nord, sta riscrivendo la storia dell’Italia legata ai flussi migratori dei suoi residenti.

Nella Penisola mediterranea sono sempre più numerosi i post-adolescenti e i giovani adulti che, non trovando margini di partecipazione all’interno dei propri territori di appartenenza, fanno la valigia e migrano in un’altra città tricolore o in un altro Paese, alla ricerca di spazi di affermazione altrove, in posti che rispondano alle proprie aspettative ed esigenze di crescita personale e professionale.

Nel 2022, i movimenti migratori interni (1 milione 484 mila) risultano nuovamente in aumento: +4% rispetto al 2021 e +10% rispetto al 2020, con un lento ritorno ai livelli pre-pandemici. Le regioni del Nord sembrano quelle più attrattive, soprattutto Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia e Lombardia.

La mobilità italiana, comunque, è molto complessa. Riguarda sia i movimenti che avvengono all’interno del Paese tra regioni diverse, specialmente dal Sud verso il Nord, sia gli spostamenti dalle aree urbane alle zone periferiche per vivere o per lavorare. Il Mezzogiorno d’Italia costituisce una delle punte più avanzate di un fenomeno inedito, che vede una riduzione strutturale del peso dei giovani a un livello mai sperimentato in passato. È un sintomo primario delle difficoltà che caratterizzano la condizione giovanile in questi territori.

Occorre, inoltre, considerare anche le forme di pendolarismo intraregionale o tra regioni diverse e gli spostamenti oltreconfine. Per quanto riguarda gli italiani all’estero, aumentano, in particolare, due categorie: gli indecisi, coloro che sono in una sorta di limbo tra il qui e il là, quelli che sono andati all’estero e vi lavorano anche, ma che continuano a tenere fermo un piede anche in Italia non ottemperando all’obbligo di iscrizione all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE); e i moderni clandestini, quelli che, pur vivendo ormai all’estero stabilmente, non spostano la residenza al di fuori dell’Italia e coloro che vivono tra due realtà, prendendo da ciascuna quello che possono.

Lo ‘State of the Global Workplace: 2023 Report’ di Gallup evidenzia che il 53% dei lavoratori a livello mondiale ritiene che sia un buon momento per cambiare lavoro e circa la metà (il 51%) dichiara di avere intenzione di lasciare il lavoro considerando la ripresa del mondo occupazionale dopo l’interruzione dovuta alla pandemia globale.

Se ci si concentra sull’Europa, le cose vanno diversamente. Danesi (69%), tedeschi (52%) e inglesi (40%) pensano che sia un buon momento per cambiare lavoro. Gli italiani, per lo più, si sentono quasi inchiodati al loro destino professionale (18%), sono i lavoratori meno coinvolti, i più stressati (49%) e i più tristi (27%), coloro che ritengono di non avere altra scelta lavorativa. Indubbiamente i più rassegnati al loro destino. I lavoratori italiani, del resto, guadagnano circa 3.700 euro in meno della media dei colleghi europei e, in particolare, oltre 8 mila euro in meno della media dei tedeschi.

I giovani italiani sono il target della popolazione tricolore che soffre di più, anche in confronto con i coetanei europei. Sempre più vulnerabili, 1,7 milioni dei giovani italiani sono NEET (Not in Education, Employment or Training): non studiano, non lavorano, non sono inseriti in un percorso formativo.

ALCUNI MOMENTI DELLA PRESENTAZIONE della XVIII edizione del “Rapporto Italiani nel mondo” della Fondazione Migrantes, presentata mercoledì 8 novembre, alle ore 10.00, a Roma, presso il Centro Congressi del TH Roma – Carpegna Palace Hotel

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