Noi viviamo la Storia

Noi non facciamo la cronaca, dottor Pereira,
[..] noi viviamo la Storia.

Lei è un intellettuale, dica quello che sta succedendo in Europa, esprima il suo libero pensiero, insomma faccia qualcosa.

Dicembre 2015. È un’influenza a portarmi in un campo di trafficanti in Turchia. Il gruppo dei volontari di Chios mi ha chiesto di rimanere nella mia stanza per prevenire il contagio. Mi ha visitata una dottoressa iraniana che viaggia con il marito, anche lui medico: siamo una buona squadra, mi dice. Io guarisco appena in tempo per andare con loro a Çeşme, in Turchia. I due medici resteranno; io tornerò a Chios a fine giornata.

Siamo accolti da un gruppo di persone del luogo. A un minuscolo tavolino fuori da una porta priva di insegna beviamo tè caldo zuccherato in bicchierini di vetro marrone decorato: un piccolo commerciante ha convertito il proprio retrobottega in un magazzino che ospita ceste di vestiti donati dalla comunità locale e destinati alle persone in transito.

In questo viaggio, mi innamoro del tè caldo dolce onnipresente e di chi ha sospeso la propria vita normale per onesta rielezione di priorità: per fare spazio alla Storia. Vedono lo straordinario negli eventi, non nelle proprie scelte.

Ma in che mondo vivi, tu che lavori in un giornale?, senti Pereira, vai un po’ a informarti.
A Çeşme tutti conoscono il campo dei trafficanti: persone del luogo, autorità. Quindi anche l’Europa. Combattere i trafficanti fermerebbe le partenze e costerebbe meno dei muri di confine, dei centri di accoglienza, delle dighe galleggianti; però sarebbe meno redditizio, e le proiezioni di settore dell’industria della sicurezza (che promettono il raddoppio del fatturato entro il 2024) hanno bisogno di giustificare domanda e creare consenso.

Il paese taceva [..] e intanto la gente moriva e la polizia la faceva da padrona. [..] E pensò: questa città puzza di morte, tutta l’Europa puzza di morte.

Il campo dei trafficanti è un villaggio turistico costruito a metà e abbandonato, senza acqua corrente né elettricità. I trafficanti vengono prevalentemente di notte e tollerano la presenza dei volontari di giorno.

Sul sentiero fuori dal campo, incrocio madre con il figlio circa ventenne. Mi chiede dove trovare un ospedale, o un taxi. Il sole è torrido, il centro abitato lontano; e noi siamo in un luogo senza indirizzo. I trafficanti le avevano promesso assistenza medica per il figlio, che soffre di insufficienza renale e da dieci giorni non riceve il trattamento di dialisi. La madre piange e pensa alla morte.

*

Annunciata in gennaio, il 6 luglio 2020 una diga galleggiante della lunghezza di 2,7km verrà installata al largo dell’isola di Lesvos per impedire l’arrivo di barche dalla Turchia.

La grave situazione dell’accoglienza in Grecia non è dovuta ai nuovi arrivi (10% dello scorso anno per lo stesso periodo, 0.6% del 2015), ma alla mancata gestione europea degli arrivi degli anni precedenti (40.000 persone in strutture la cui capacità massima è 6.000). Quale dunque la giustificazione all’investimento, se non interessi politici ed economici?

Il respingimento collettivo di richiedenti asilo è in aperta violazione della legge internazionale.

L’Europa, che da anni ha ridotto la Grecia a ghetto, ora ne loda l’efficace difesa dei propri confini.

Dov’è il giornalismo?

 

Testi in corsivo dall’opera Sostiene Pereira, di Antonio Tabucchi, Feltrinelli.

 

 

Arrivi via mare in Grecia, dati 2019 e 2020 a confronto (fonte UNHCR, relazione 15-21 giugno 2020)

 

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