Passeur, viaggio della speranza

di Maurizio Nappa

Poche settimane fa vi avevo proposto un libro di viaggio molto particolare, addirittura fino a Cernobyl. Anche oggi vorrei parlarvi di un  libro che racconta di un viaggio, stavolta molto più vicino a noi. Si tratta di “Passeur”, di Raphael Krafft,  giornalista francese che alterna reportage per stazioni radio di lingua francese a lunghi viaggi in bicicletta, da cui trae documentari e libri. Il titolo, che si traduce in Italiano con “passatore”, si riferisce a chi porta gli altri al di là di un confine.  

Questo libro, pubblicato dalla casa editrice Keller e tradotto da Luisa Sarlo, ci riporta a qualche tempo fa, quando molti migranti erano bloccati a Ventimiglia, respinti dalla polizia francese. A quei tempi i migranti attrassero l’attenzione di giornali e telegiornali, finendo così nelle prime pagine e fra le notizie di apertura, e tutti noi ci indignammo, fino a che arrivò una nuova notizia allarmante e noi cambiammo indignazione. Krafft no, si recò sul confine franco-italiano per raccontare da vicino cosa stava accadendo. Incontrò migranti, volontari, uomini di Stato e di Chiesa. Tra i volontari, l’autore si legò in particolar modo al francese Hubert, che lo ospitò a casa sua dalla parte francese del confine, a a Enzo, che fece lo stesso in Italia. Con le sue dettagliate descrizioni, Krafft ci fa entrare nella casa di Hubert, luogo di ristoro per i viandanti: 

Ogni nuovo visitatore, e ne vengono molti, si meraviglia del panorama, che abbraccia con gesti ampi mentre, accomodato in una poltrona su una terrazza traballante, aspetta che Saddam, un ragazzo tunisino di 24 anni intrappolato qui da mesi, celebri in suo onore il rito del tè. Saddam è, di volta in volta, il luogotenente, l’interprete, la guida e, proprio lui che sembra così segnato dalla prova, il confessore delle decine di ospiti, di solito uomini, per la maggior parte giovani, che si fermano da Hubert. Un caravanserraglio nell”entroterra di Nizza.  

Di Enzo il giornalista racconta: Il miglior conoscitore e promotore di questi sentieri dimenticati è un italiano. Enzo Barnabà, storico, è un tipo capace di offendersi se un giornalista non gli chiede di evocare la frontiera, la sua passione. Il valico di San Ludovico, dove ci siamo dati appuntamento, si trova lungo il mare. Tutto è dominato dalla falesia del Passo della Morte, prima altura della catena delle Alpi. Enzo è uno specialista del Passo della Morte: vive nelle sue immediate vicinanze e mi invita a seguirlo in macchina. Ieri ho trascorso la notte da Hubert, oggi Enzo mi offre spontaneamente vitto e alloggio. Questa volta dormirò in Italia.

I migranti, bloccati alla frontiera, speravano di riuscire a entrare clandestinamente in Francia, per poi chiedere asilo politico, oppure semplicemente proseguire il viaggio verso un altro Paese europeo, per ricongiungersi a parenti e amici. L’autore riuscì a fare amicizia con alcuni di essi, in particolare due sudanesi, Satellite e Adeel, uno dei quali gli affidò queste semplici parole: “Per fuggire la guerra, abbiamo sfidato il deserto, vissuto l’inferno in Libia e nel Mediterraneo, vogliamo soltanto la pace ed essere trattati in modo umano”. Krafft decise di unirsi ai due ragazzi, e agli amici italiani e francesi che avevano deciso di aiutarli, per tentare di entrare clandestinamente in Francia. Non si può certo entrare in Francia da Ventimiglia, così controllata, e allora bisogna tentare di farlo passando attraverso le montagne: l’ascesa al Colle delle Finestre lungo il sentiero che sale da San Giacomo di Entracque, in Italia, e scende nella valle Vesubie, in Francia. 

Un viaggio della speranza che diventa non solo un viaggio nello spazio, ma anche nel tempo, dal momento che ripercorre i passi di altri disperati.

E così, questo viaggio della speranza diventa non solo un viaggio nello spazio, ma anche nel tempo, dal momento che ripercorre i passi di altri disperati che, attraversando il Colle delle Finestre, cercavano una vita migliore, o, molto spesso, soltanto la vita. In quest’ultima parte della camminata calpestiamo lastre millenarie. Sono pulite, patinate. Rese tali dai camminatori di San Giacomo e di
Caïre de la Madone, dai portatori di sale di Hyères e della Camargue, dai contrabbandieri, dagli antifascisti italiani venuti a trovare rifugio in Francia, dagli ebrei dell’Europa centrale e dell’Est in fuga dai pogrom […] e da tanti altri perseguitati. Noi siamo solo di passaggio. 

Questo colle racchiude dentro i suoi sentieri tutto il Novecento europeo e, assieme ad esso, le contraddizioni del nostro presente. Camminando su questo colle, poco prima di arrivare al confine con la Francia, Raphael, Satellite e Adeel si imbattono in una targa commemorativa, che Raphael prova a tradurre in inglese a Satellite e che questi, a sua volta, traduce in arabo per Adeel. C’è scritto così: Attraverso questo colle, nel settembre del 1943, centinaia di ebrei provenienti da tutta Europa cercarono spesso invano di salvarsi dalla persecuzione antisemita. Tu che passi di qui libero, ricordati che questo è accaduto, ogni volta che tolleri che chiunque altro non goda dei tuoi stessi diritti. Più di 70 anni dopo, un  viaggio verso la vita. Quante altre volte, ancora?

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