Piemonte e Svizzera si accordano sul giandujotto. Grazie a una “condivisione di intenti”

Proseguirà senza ostacoli l’iter di riconoscimento del cioccolatino torinese affinché diventi prodotto a “indicazione geografica protetta”

Dopo un lungo contendere, Regione Piemonte, il Comitato del giandujotto di Torino IGP e Lindt & Sprungli Italia hanno raggiunto un accordo sull’iconico cioccolatino a forma di prisma.

Le parti, infatti, hanno concordato in via preliminare che l’azienda svizzera potrà continuare a produrre l’eccellenza piemontese – che muove un fatturato da 200 milioni di euro – seguendo la propria ricetta, che prevede l’utilizzo di latte in polvere, escluso invece dalla preparazione originaria, prevista dal disciplinare del Comitato.

Lindt & Sprungli, proprietaria del brand Caffarel – a cui è attribuita l’invenzione e la prima commercializzazione del celebre cioccolatino nella seconda metà del XIX secolo – potrà mantenere l’attuale dicitura Gianduja 1865. L’autentico gianduiotto di Torino per i prodotti che realizza nello stabilimento di Luserna San Giovanni, in provincia del capoluogo piemontese.

In cambio il colosso elvetico si impegna a non ostacolare la nascita di un marchio IGP (indicazione geografica protetta) con relativo disciplinare. Un’iniziativa, quest’ultima, avviata già nel 2017 e che porterà all’etichetta “giandujotto di Torino IGP”.

Al momento, dunque, all’iter di riconoscimento mancherebbe il consenso positivo da parte del ministero delle Politiche Agricole. Se non ci saranno opposizioni rese note entro trenta giorni, la pratica sarà sottoposta alla Commissione Europea.

Siamo molto soddisfatti e convinti che nel corso delle nostre conversazioni sia emersa una concreta condivisione di intenti per consentire, da un lato, il riconoscimento di una Indicazione Geografica Protetta e al tempo stesso permettere a Caffarel di tutelare il proprio marchio storico nazionale”, ha detto il Ceo di Lindt & Sprungli Italia, Benedict Riccabona.

L’azienda ha anche sottolineato che, per quel che riguarda Caffarel, non è mai stata coinvolta nella definizione della ricetta allegata alla proposta di Igp né ha mai chiesto di cambiarla. Il gruppo – hanno dichiarato i suoi rappresentanti – si è limitato a osservare che la ricetta proposta dal Comitato avrebbe escluso del tutto i prodotti dello storico marchio.

Inoltre, si temeva che la registrazione del nome “Gianduiotto di Torino Igp” avrebbe potenzialmente messo a rischio la possibilità, per Caffarel, di continuare ad utilizzare il nome “Gianduia 1865. L’autentico Gianduiotto di Torino”, cosa che poi non è avvenuta, in seguito all’accordo raggiunto tra le parti.

Non ha nascosto la sua soddisfazione il Comitato del giandujotto di Torino IGP che comprende al suo interno varie realtà rinomate a livello internazionale, quali Ferrero, Venchi, Domori, Pastiglie Leone e Maestri cioccolatieri come Guido Gobino e Giorgio e Bruna Peyrano.

In base al disciplinare, difeso dal Comitato, l’iconico cioccolatino torinese dovrebbe essere prodotto all’interno del territorio piemontese con ingredienti come la Nocciola Piemonte Igp tostata (dal 30% al 45%), lo zucchero semolato di barbabietola o lo zucchero di canna raffinato (dal 20% al 45%) e il cacao (minimo 25%). Non è invece previsto il latte in polvere, adoperato da Caffarel per abbassare il costo del prodotto finale, soprattutto in seguito all’aumento di prezzo della nocciola.

Come ha riportato il quotidiano ‘Corriere della Sera’, l’imprenditore Gobino ha commentato: “È una grande vittoria, Davide contro Golia. Per la prima volta c’è stata unità d’intenti tra piccole e grandi aziende. È il primo passo per dire che il giandujotto è un prodotto da custodire, celebrare e raccontare perché ha una storia”.

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