Vino sott’acqua

Cos’hanno in comune Vina Maris in Spagna, Edivovino in Croazia, Bisson in Italia e la ditta Bianchi in Svizzera? Beh, per quanto possa sembrare una cosa strana, sono tutte aziende che fanno invecchiare il loro vino sott’acqua. Eh, sì, proprio così, non avete sbagliato a leggere! Ci sono molti produttori che credono che la conservazione del vino sott’acqua offra condizioni migliori per l’invecchiamento. Ci sono addirittura persone pronte a confermare che i primi 3 mesi sott’acqua sono equivalenti a 6-7 anni di evoluzione in terraferma, dando al vino eleganza e complessità.

Per conoscere meglio la nostra realtà locale, che ha deciso di investire in questa nuova frontiera di produzione, mi sono organizzata per andare a trovare Gabriele Bianchi ad Arogno, presso l’Azienda Agricola famigliare, dove insieme a suo fratello Martino continua il lavoro iniziato dai genitori, offrendo prodotti tutti certificati Bio Suisse.

Grazie Gabriele per la calorosa accoglienza. Sono qui oggi per scoprire un po’ di più sul vostro vino acquatico. Prima di tutto, come mai vi siete accostati a questo metodo?

Lo scopo iniziale è quello di valorizzare il territorio, in particolare il lago e in un secondo momento quello di sperimentare nuove tecniche d’invecchiamento, che restano coerenti con il nostro modo di lavorare 100% BIO.

Ci vuole spiegare in dettaglio come si produce un vino invecchiato sott’acqua?

Non abbiamo un protocollo di vinificazione particolare per fare questo vino, in realtà è esattamente lo stesso che produciamo in cantina, ma invecchiato 1 anno in più in mezzo al lago. Il vino non è sul fondale lacustre bensì sospeso a mezza profondità. Questo permette alla gabbia di fluttuare a -20 metri dalla superficie e di sfruttare al massimo il moto ondoso del lago, che rispetto al mare è nettamente inferiore. La boa che tiene in sospensione la gabbia è anch’essa sott’acqua al fine di non dare nessun riferimento visivo.

I vostri clienti cosa ne pensano? Avete riscontrato successo con questo vino?

I nostri clienti sono molto contenti e curiosi: oggi siamo arrivati alla terza annata di produzione ed abbiamo già esaurito le prevendite, anzi alcuni hanno già riservato la propria bottiglia per l’anno prossimo. Direi che questo risultato è piuttosto chiaro: il prodotto è apprezzato non solo per la storia, ma anche e soprattutto per la qualità.

Per finire un’ultima curiosità: come vi è venuta l’idea di lanciarvi in una simile avventura?

L’intuizione è nata grazie ad un amico, Benjamin Ferro, il quale mi ha parlato una sera di questo nuovo metodo. In quel momento stavo frequentando la scuola per enologia a Changins e il figlio del proprietario di una cantina, che sperimentava questo invecchiamento nei mari del Nord, era in classe con me. Così ho pensato che proporre un progetto simile in Svizzera utilizzando il lago sarebbe stato qualcosa di interessante e unico. Da questa idea, con la collaborazione al gruppo di salvataggio del Mendrisiotto, è nato il progetto.

 

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