Lingua facile: sì o no?

Pochi lo conoscono, il linguaggio “facile da leggere” (easy to read), pensato per rendere informazioni, mezzi di comunicazione e prodotti fruibili dal più ampio numero di persone, anche da coloro che presentano disabilità intellettiva oppure relazionale, e poi da persone anziane o non di madrelingua. Dunque conosciamolo meglio, questo linguaggio!

Anzitutto non è un modo di parlare ed esprimersi “alternativo”, e nemmeno uno infantile. Esso consiste invece di una serie in accorgimenti e regole, realizzate da Inclusion Europe (progetto europeo http://www.easy-to-read.eu) utilizzabili da un’ampia utenza. Nel concreto, “lingua facile”:

  • prevede parole semplici, senza ricorrere a metafore, acronimi, termini dall’inglese, abbreviazioni o tecnicismi;
  • evita frasi prolisse e con tempi verbali altri da quello presente;
  • ricorre a frasi attive, limitando l’uso di quelle passive, che nascondono deliberatamente il soggetto e complicano la comunicazione;
  • usa un carattere chiaro, sufficientemente grande, favorendone la leggibilità, e senza colori particolarmente accesi;
  • preferisce una formattazione lineare e parole chiave in evidenza, evitando eccessiva lunghezza.

In Svizzera, ad esempio, dove quasi un milione di persone ha difficoltà a leggere e comprendere quello che legge, Pro Infirmis ha aderito da alcuni anni all’utilizzo della “lingua facile” non solo proponendo sulla propria pagina online frasi semplici e dirette, ma anche attivando il Servizio di Lingua Facile. Questo servizio traduce in linguaggio semplificato materiale di vario tipo (opuscoli, documenti ufficiali, pagine di siti web), ad esempio proveniente dall’ambito amministrativo o sanitario, che sono spessi molto tecnici, dunque poco immediatamente comprensibili. In Italia già dal 2011 Anffas Onlus è impegnata sul territorio nazionale nella diffusione e utilizzo del “linguaggio facile da leggere”.

  1. Per i sostenitori dell’iniziativa “lingua facile”, lo scopo non è abbassare il livello culturale ma, piuttosto, rendere la cultura più accessibile. Si tratta di una semplificazione consapevole, che attraverso una comunicazione fatta da frasi più esplicite, dirette e comprensibili vuole fronteggiare l’esclusione sociale, ovvero il fatto che la difficoltà ad accedere alle informazioni limiti la possibilità di espressione e l’impegno individuale nella società. Senza capire quello che si legge, come possono le persone decidere da sole? Sotto questa luce, “lingua facile” si pone come uno strumento didattico e comunicativo fondamentale attraverso il quale la persona può essere cittadina a tutti gli effetti. Il linguaggio “facile da leggere” è molto importante: capire è bello, e farsi capire è un dovere di chi si esprime.

D’altra parte rimane lecito chiedersi se facile sia anche bello e se trasparenza sia profondità. Se può essere bella una lingua dove la forma passa necessariamente in secondo piano a favore della semplificazione. E se non ci sia forse il rischio di superficialità nel momento in cui ci si esprime attraverso un linguaggio forzatamente semplificato, benchè chiaro.

Va chiarito, però, a scanso di equivoci, che il linguaggio semplificato “easy to read” è frutto del lavoro di formatori certificati nelle varie materie che vogliono essere rese accessibili alle persone, anche a quelle con disabilità. E, soprattutto, che “easy to read”  non può – non vuole – essere applicato a tutti i campi della scrittura. Non certo alla poesia, nè alla prosa. Perchè, magari ci è anche capitato di perderci in un bosco buio e fitto quando avevamo trent’anni o poco più, ma Dante nella Divina Commedia lo dice molto meglio!

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