Il vino italiano resiste, nonostante la crisi climatica e l’epidemia dei vitigni

Le stime delle associazioni del settore indicano un calo contenuto del 12% della produzione tricolore tra il 2022 e il 2023

In Italia, tra la vendemmia del 2022 e quella del 2023, la produzione vitivinicola è scesa del 12%, passando da 50,294 a 49,843 milioni di ettolitri, con una perdita di 451mila ettolitri. Sono i dati che emergono dalle stime delle associazioni Assoenologi, Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) e Uiv (Unione italiana vini).

Si tratta, tutto sommato, di un calo contenuto, a fronte delle condizioni meteorologiche particolari ed estreme, dettate dal cambiamento climatico in corso – dalla prolungata siccità ai nubifragi violenti – e dall’allarme della peronospera, scattato in tutta la Penisola mediterranea.

La peronospora della vite è una malattia causata da un fungo chiamato Plasmopara viticola. Questo parassita attacca le viti e può causare gravi danni alle vigne e alle uve. I sintomi tipici includono macchie gialle o bianche, in particolare sulle foglie, che possono successivamente diventare brune e necrotiche.

Nell’ultimo anno la cosiddetta muffa bianca legata a questa malattia dei vitigni, che si sviluppa in condizioni di alta umidità e temperature moderate, ha riguardato lo Stivale dalle Alpi alle isole, ma in maniera molto differenziata (al Nord molto meno che nel Mezzogiorno). Il pericolo, inoltre, è stato in parte sventato grazie anche alla rapidità e la costanza con cui molti produttori italiani e umbri hanno effettuato i trattamenti dovuti.

La Camera di Commercio dell’Umbria, poi, ha reso noto il quadro nazionale tricolore dell’andamento della produzione vitivinicola 2023 in ciascuna regione, espresso in variazione percentuale rispetto alla produzione 2022.

Le migliori performance sono state registrate in Lombardia, che ha visto una crescita del 15% del comparto. Seguono Valle d’Aosta (+10%), Veneto, Liguria e Trentino Alto Adige (+5%).

A soffrire di più – ma sempre nell’ottica di una situazione nazionale caratterizzata da segni di affaticamento per i fattori indicati e, in ogni caso, meno sconfortanti del previsto – sono Piemonte (-2%), Emilia Romagna (-4,5%), Friuli Venezia Giulia (-10%), Umbria, Toscana, Lazio e Sardegna (-20%), Marche e Puglia (-25%), Campania, Basilicata e Sicilia (-30%), Calabria (-32,5%), Abruzzo (-40%), Molise (-45%).

Ancora la Camera di Commercio umbra segnala che la stessa tendenza, seppure più marcata, si è delineata nel territorio regionale per l’olio (la cui raccolta, comunque non è ancora terminata). Si parla, infatti, di una produzione in calo (probabilmente superiore alla flessione del vino) e prezzi ai produttori che potrebbero aumentare fino al 30%.

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