Pitti Immagine Uomo 97 – gennaio 2020

di Maria-Vittoria Alfonsi

Le “Nazioni Unite della Moda”: così si è presentata l’inedita bandiera che ha siglato il “Pitti Immagine Uomo 97” e rappresentato il filo conduttore sul quale si sono intrinsecati linee, colori, disegni.

“Pitti rappresenta le Nazioni Unite della moda, dove ogni marchio ha la propria bandiera, ma anche dove ognuno di noi può farsi bandiera di sé stesso”, ha detto – fra l’altro – Agostino Poletto, direttore generale del Pitti. Ed Angelo Figus, art director del progetto ha aggiunto: “La bandiera di Pitti, realizzata artigianalmente in una nota sartoria italiana, è inedita, non vuole avere connotazioni politiche o ideologiche”.

Bandiera che – partendo dall’ingresso – ha perso via via il suo senso bidimensionale e puramente geometrico per diventare, nel Piazzale Centrale, una vera e propria scenografia: le geometrie da piatte sono diventate dinamiche e da loro sono scaturiti nastri elastici che hanno connesso le varie aree della Fortezza da Basso, abbracciando idealmente tutta la grande eterogenea comunità del Pitti.

L’edizione invernale del Salone, quindi, si è colorata di progetti speciali di varie nazioni, grazie a marchi selezionati che si distinguono sulla scena moda per una creatività che rispetta la tradizione e, nel contempo, rivolge uno sguardo al futuro, in un mix ideale di abbigliamento maschile per il secondo decennio del 2000, nei vari continenti.

Da ricordare: la presenza di stilisti ed “invitati speciali” quali Jil Sander (ovvero Lucie e Luke Meier), e Stefano Pilati (con la sua Random Identities). E poi  progetti e  partecipazioni altrettanto speciali: da “FGI Industry”  – di Enzo Fusco, stabilimento nella vicentina  Montegalda,  unito al marchio “Blauer” in una interessante mostra fotografica realizzata negli  USA dal britannico James Mollison – al marchio unisex “Telfar” col suo concetto di moda fluida e “simplex” in cui si fondono estetica, identità e funzionalità; Sergio Rossi, per il “lancio globale” di un suo nuovo progetto e “Bosco”, marchio del gruppo russo “Bosco dei Ciliegi”, noto per linee di abbigliamento dedicate allo sport.

Ed allo sport è stata ovviamente, dedicata la retrospettiva di Sergio Tacchini, straordinariamente interessante, così come K-Way con i suoi famosi antipioggia; ed è da ricordare pure Cividini, da sempre fra i protagonisti del salone fiorentino, con una serie di maglioni in tutte le sue più importanti interpretazioni.

Eventi, celebrazioni ed anniversari: a cominciare da Brioni, che è ritornato a Firenze per celebrare il 75° anniversario della sua prima sfilata a Pitti (la prima, in assoluto, di moda maschile, nella mitica Sala Bianca nel 1954!): anniversario solennizzato con un evento curato nientemeno che da Olivier Saillard (il direttore del Musèe de la Mode de la Ville de Paris). Poi ecco il marchio francese “Chevignon” che qui ha celebrato, alla Stazione Leopolda, i ben 190 anni del suo marchio con una sfilata ed una installazione che, in tre ambienti, ha presentato il suo universo multi sfaccettato e con un tributo all’iconico “Artic Parka”, per la prima volta con la Woolrich Capsule. 125 sono invece gli anni festeggiati da Falke con una presentazione della propria storia, protagoniste le sue collezioni di accessori (dalle calze ai collant alle calzemaglia) oltre ad un abbigliamento di alta gamma.

Fra le novità, vi è stata anche l’importantissimo ingresso nell’universo dell’abbigliamento maschile di Chiara Boni che – per la prima volta, nella sua città – in omaggio al Pitti ha presentato  il “Trailblazer”, formato da cinque capi (tre camicie, una giacca ed un pantalone), ritenuti essenziali per l’uomo d’oggi, innovatore, viaggiatore; capi realizzati, ovviamente, in “Sensitive Fabrics”, il tessuto che  si lava anche a basse temperature, non ha bisogno di essere stirato e si può mettere in valigia senza il timore che si stropicci (per inciso, ricordiamo che  Chiara Boni, con l’azienda tessile italiana Eurojersey, impegnata da un decennio nella sostenibilità ambientale, è stata la prima azienda italiana di abbigliamento ad ottenere la certificazione PEF, processo di moda etica).

Infine, ricordiamo che la rivista di moda e cultura contemporanea “DUST Magazine”, alla Fortezza da Basso ha messo in scena una sfilata-evento, con una selezione di marchi italiani e internazionali presenti al Salone, con linee e Sensitive Fabrics stili che hanno prevalso nelle collezioni per l’abbigliamento maschile dell’inverno 2020/21.

Un abbigliamento dal quale – oltre alle parole d’ordine fluidità, riciclo dei tessuti, materiali bio ed economia circolare – è emerso (oltre 1200 marchi presenti, 540 esteri, e ben 24.000 i visitatori!) un tocco di nostalgia che ha portato in primo piano due capi-base molto diversi fra loro: il cappotto morbido, lungo a metà polpaccio, dotato di numerose tasche “utili”, in colori classici come il cammello ed i bruciati, o il blu notte, anche con immagini del bello-tormentato James Dean; il giubbotto di pelle, soprattutto nero, col quale trionfa il ricordo del fascinoso, bello e dannato  Marlon Brando de “Il Selvaggio”, che indossava la “biker Jacket” (giacca da motociclista) presentata sia nel modello storico, sia nelle versioni più essenziali, aderenti, “slim”, in ogni caso dotato di super tasche. E con cappotto e giubbotto ecco montgomery, giacconi con cappuccio e immancabili imbottiti (eco, naturalmente).

Molti si sono domandati se questi ritorni nostalgici agli anni ’50 rappresentano un segno, un desiderio – generale, internazionale – di ritorno al classico da parte di una generazione proiettata al domani, ricordando, malgrado tutto, un passato nel quale il futuro non era rappresentato dall’oggi che stiamo vivendo ma da scoperte importanti, benessere universale, serenità, pace (…“quelle connerie la guerre!”, aveva scritto Prevert).

Vedremo se dalle giornate di moda maschile a Milano ne verrà una conferma, o si affacceranno nuovi orizzonti.

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