Toni Ricciardi e la tutela degli italiani all’estero: sarà la volta buona?

Dall’accordo fiscale Italia-Svizzera allo smart working fino all’Imu e ai Comites. Senza dimenticare la salvaguardia e la promozione della cultura e della lingua italiana

di Paola Fuso

Toni Ricciardi è stato eletto deputato lo scorso ottobre per la circoscrizione Europa 1.
A differenza di quanto succede in Italia, gli eletti all’estero sono scelti su base territoriale e dunque sono espressione delle esigenze di quanti tra noi non vivono più in Italia. Questa premessa è necessaria per comprendere quali e quanti progetti in questi pochi mesi siano stati messi in cantiere dall’on. Ricciardi con cui abbiamo lungamente chiacchierato.

Il primo tema affrontato è stato quello dell’accordo fiscale Italia-Svizzera a cui è stata abbinata la proposta a firma dello stesso Ricciardi e della collega Quartapelle. L’accordo riguarda le sorti di 100 mila persone che ogni giorno attraversano la frontiera per lavorare in Svizzera: oltre 80 mila nel vicino Ticino, i restanti nei Grigioni e nel Vallese.

L’accordo consente a chi oggi è un lavoratore frontaliero di mantenere l’attuale regime fiscale fino al raggiungimento della pensione. Per i lavoratori che verranno assunti a partire dalla data di entrata in vigore del nuovo accordo, è prevista una tassazione dell’80% dell’imponibile in Svizzera che verrà portata in detrazione in Italia e dopo l’applicazione della franchigia si pagheranno le imposte in Italia con le aliquote vigenti.

Secondo elemento su cui si è insistito, è la concessione di una proroga per l’home office in cambio della eliminazione della Svizzera dai Paesi black list per il Bel Paese. In realtà la proroga fino al 30 giugno è prevista per Regolamento Europeo, ma l’idea di una cooperazione tra i due Paesi suggerisce una possibile futura intesa sullo smart working.

Ricciardi spiega che l’inserimento della Svizzera nella black list, ha determinato l’inasprirsi dei controlli sulle proprietà immobiliari dei nostri connazionali e che è necessario arrivare alla proposta di legge sulla equiparazione dell’Imu per gli italiani residenti in Italia e per gli italiani residenti all’estero.

A tal riguardo, l’on. Ricciardi conferma che l’iter parlamentare è stato incardinato, poiché è stato approvato il suo ordine del giorno su detta equiparazione. Requisito per accedere a detto beneficio, oltre a determinate caratteristiche degli immobili, è quello di essere iscritto all’AIRE (che contiene già l’essere cittadino italiano).

Abbiamo chiesto a Ricciardi se non fosse tardi per occuparsi di IMU, d’altro canto lo Stato Elvetico ha incassato milioni di franchi su immobili e conti correnti.

Tuttavia, e vale la pena di approfondire, la lettura proposta da Ricciardi farebbe superare qualsiasi empasse con la legge cantonale, poiché risolverebbe il problema a monte.

Ogni volta che si è parlato di IMU, la richiesta per noi italiani all’estero è quello di prevedere l’esenzione che è concetto straordinario, legato alla eccezione (basti pensare alla esenzione IMU per i pensionati italiani residenti all’estero).

Lo sforzo che, se riesce, metterebbe la parola fine a molte ingiustizie è ottenere l’equiparazione tra la prima casa di un cittadino italiano ivi residente e la prima casa di un cittadino residente all’estero.

Al momento un cittadino italiano residente all’estero e che in Svizzera ha un affitto, paga l’IMU in Italia come se fosse una seconda casa.

La proposta C956 di Ricciardi equipara la prima casa (non fittata, non di lusso etc etc) di un soggetto residente in Svizzera, alla prima casa degli italiani residenti in Italia senza alcuna distinzione. Questo vuol dire che, come viene trattata la prima casa per gli italiani residenti in Italia, viene trattata la casa dei residenti all’estero. Come pagano gli italiani per la casa in Italia, paga anche chi vive all’estero.

Infatti, la proposta C956 modifica anche la legge che oggi parla di migranti all’estero e che in un futuro prossimo parlare di “iscritti all’AIRE”.

Altro punto dolente sono i servizi consolari, che sono irrimediabilmente sotto organico con inefficienze a cascata.

L’onorevole Ricciardi, oltre a essere firmatario di un emendamento alla legge di bilancio per l’assunzione di 420 piu 100 dipendenti, ha depositato una proposta di legge molto interessante. In parziale analogia con quanto previsto dall’articolo 1, comma 429, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (sui proventi derivanti dalle domande di cittadinanza), l’Onorevole chiede che sia  lasciata direttamente a disposizione dei consolati una percentuale delle entrate (diritti e tasse consolari) derivanti dalla loro attività di rilascio dei passaporti, con lo scopo di disporre di più personale interinale per le mansioni esecutive (informazioni e gestione urgenze, verifica preventiva dei documenti dei richiedenti, presa delle impronte, foto eccetera) e aumentare i rilasci.

La norma ha un effetto moltiplicatore sui rilasci: anche nei Paesi con alto costo del lavoro, la forza lavoro aggiuntiva impiegata ai passaporti viene più che ripagata dagli introiti dei passaporti aggiuntivi che essa consente di erogare.

La norma, priva di oneri perché sostanzialmente si autofinanzia e fa leva su dotazioni strumentali già presenti negli uffici diplomatico-consolari, genererà maggiori introiti fin dai primi mesi di applicazione.

Questo consentirebbe al Consolato di assumere gente in loco con maggiori competenze linguistiche. Similmente si potrebbero coinvolgere i Patronati in attività prodromiche a quelle Consolari.

Altro argomento di interesse sono i corsi di lingua e cultura italiana.

Al di là delle differenze tra Paese e Paese il vero problema è la natura degli Enti Gestori un tempo basati sui comitati volontari dei genitori e che oggi devono necessariamente cambiare. Soprattutto se dobbiamo pensare ad Enti gestori con autonomia finanziaria e capacità di spesa.

Ultima ma non certo in ordine di importanza, riflessione riguarda il Comites e il concetto di rappresentanza e rappresentatività all’estero che tanto dovremmo difendere.

Ricciardi precisa che ha avuto luogo uno stanziamento triennale di risorse, ma che nella scorsa legislatura nessuno si sia preoccupato di prevedere risorse per il finanziamento del Comites per i prossimi 3 anni.

Ora, stante l’assenza a breve di fondi, rimane il problema dei progetti, utilizzati per gestire l’ordinario ma che di fatto sfuggono ad una allocazione controllata e controllabile delle risorse.

Diventa quindi necessario stabilire un sistema prevedibile e certo per standardizzare la procedura e costruire un metodo chiaro per tutti perché ci sono Comites che prendono certe somme e altri importi differenti, in base alla discrezionalità dei progetti.

Ecco perché diventa una questione sostanziale, secondo Ricciardi, affrontare una riforma organica dei Comites e farne degli enti parificabili ai consigli comunali cioè un soggetto pubblico che lo Stato deve sostenere. 

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