Uno strano modo di morire

Cronaca di un suicidio di Gianni Biondillo. La Recensione di Moreno Macchi.
“Biondillo ci coinvolge nella ricerca della verità sul caso Tolusso, accompagnandoci per mano nell’andirivieni nel tempo, fino a rivelarci cosa è veramente successo e quali sono i retroscena dei fatti narrati con grande maestria”

Moreno Macchi

«La verità era che i Milanesi amavano la bici
ma Milano odiava i ciclisti.
Anzi, a Milano tutti odiavano tutti»

«Ci sono più giallisti in Islanda che nel resto d’Europa, pensò,
dove li trovano i morti per le indagini, su Marte?»

«“Davvero?” E mentre lo chiedeva
si sentiva come un buon selvaggio a cui
hanno appena mostrato
degli specchietti e delle collanine colorate»

Due nuotatori piuttosto abili, il poliziotto Ferraro e sua figlia Giulia si inseguono giocando e ridendo a crepapelle nelle acque salmastre del mare di Ostia. Una barca che sembra abbandonata naviga solitaria. Proprio vicino a loro. Incuriosita, Giulia decide di salire a bordo malgrado le rimostranze del padre. Sull’imbarcazione trova però solo dei capi di vestiario maschili di buon taglio e biancheria intima piegati ordinatamente, un portafogli con un po’ di euro, i documenti di tale Giovanni Tolusso nato in Svizzera ma italiano e un biglietto manoscritto che termina con le enigmatiche parole «Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Non fate troppi pettegolezzi».

Giulia riconosce immediatamente in quelle parole una frase di Cesare Pavese e Ferraro si stupisce di costatare che la ragazza quattordicenne non legge – come lui alla sua età – solo fumetti, e nella fattispecie quelli dell’Uomo Ragno, ma un autore ben più impegnativo come Pavese. Ma esisteranno poi ancora i fumetti dell’Uomo Ragno?

Un terribile dubbio si insinua subito sia nella mente del padre che in quella della ragazza: che l’uomo si sia suicidato? Possibile.

Qualche energico colpo di remo e appena arrivato sulla spiaggia il poliziotto chiama un suo collega del posto (tale Tartaglia) per avere un pronto appoggio logistico e per assicurare il «caso» alla polizia locale. Poi padre e figlia tornano a Milano come previsto.

Flash back. Il narratore fa un notevole balzo indietro nel tempo e ci presenta Giovanni Tolusso, nato e cresciuto a Basilea da genitori italiani assai severi, grandi lavoratori e con una morale ferrea, dai quali ha ricevuto un’educazione rigida, una rigorosa etica di vita e il grande rispetto del lavoro.

Tolusso esercita il mestiere di imprenditore, ha un certo talento per la scrittura e un debole per la sceneggiatura. Sua moglie, che apprezza le sue idee originali, lo incoraggia a lanciarsi nella professione. L’uomo decide quindi di recarsi a Roma (capitale italiana del cinema e della televisione) per tentare fortuna lasciando la moglie a Milano. E a Roma si stabilisce diventando uno sceneggiatore di discreto successo.

Ma un bel giorno il solito amichevole postino gli recapita una bella pila di lettere e gli chiede una firma. Partito il latore della corrispondenza con l’ennesimo libro che Tolusso ha ricevuto in omaggio e che gli ha regalato come sempre, anche se il portalettere invece di leggerli li trasforma in regali per parenti e amici, Giovanni scopre che la firma richiesta era per una raccomandata che, come quasi tutte le raccomandate, gli riserva una pessima sorpresa.

Si torna a capofitto nel presente col ritrovamento del corpo tumefatto di Tolusso su una spiaggia assai lontana dal punto di ritrovamento della sua imbarcazione e con la concitata telefonata di Tartaglia che chiede a Ferraro di recarsi a casa della moglie del defunto – che risiede tuttora a Milano – per annunciarle il decesso del marito. Telefonarle sarebbe davvero poco cortese.

Guarda caso la residenza è situata proprio a un tiro di schioppo da dove si trova lui in quel momento con Giulia, con la quale sta facendo un giro in bicicletta nella capitale lombarda quasi deserta nel periodo estivo, ma non così deserta come negli anni Sessanta e Settanta quando tutti partivano in vacanza abbassando ermeticamente le saracinesche di botteghe, negozi e commerci vari.

I due si recano all’indirizzo indicato e trovano un assai compiacente guardiano (quelli che si stanno facendo sempre più rari), forse un po’ troppo curioso per i gusti di Ferraro e anche petulante, che li accompagna con malcelata sicumera fino davanti alla porta della signora che assai gentilmente fa entrare il poliziotto e sua figlia, si presta all’ascolto dopo aver offerto loro da bere. Sconcertante per i due è scoprire che di sicuro la signora non potrà recarsi a Roma e identificare il cadavere del marito perché è non vedente, pur movendosi con leggiadria e grande sicurezza dentro le pareti domestiche …

La struttura abbastanza classica del romanzo continua alternando le parti dedicate a Tolusso e quelle incentrate sull’indagine di Ferraro e Tartaglia fino alla risoluzione finale. Così, con uno stile elegante e con puntuali guizzi di genialità e di ironia, Biondillo ci coinvolge nella ricerca della verità sul caso Tolusso, accompagnandoci per mano nell’andirivieni nel tempo, fino a rivelarci cosa è veramente successo e quali sono i retroscena dei fatti narrati con grande maestria.

Gianni Biondillo
Cronaca di un suicidio (romanzo)
Guanda

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